Confesso: ieri sera ero talmente stanco e con poca voglia di seguire il rosario di notizie e politica che mi sono lasciato andare a vedere un filmetto sulla fine del mondo profetizzata dai Maya. Un papocchio con qualche bella scena apocalittica, ma nel complesso così scontato da favorire il sonno. Tuttavia non bisogna mai sottovalutare la cinematografia di serie b che al contrario di quella più patinata rende meglio il cambiamento della percezione del mondo.

Infatti con grande sorpresa, se il presidente degli Usa (nero) è ancora quello che coordina il resto del pianeta, la scoperta  della catastrofe  imminente è di uno scienziato indiano, mentre la costruzione di un certo numero di arche super tecnologiche  per salvare la specie umana dal cataclisma, è affidata alla Cina. Tutte cose assolutamente inimmaginabili ancora dieci anni fa quando al massimo Cina e India avrebbero fatto da scenario a masse umane impotenti e disperate. Stavo già prendendo sonno quando è arrivato il colpo di genio politico: viene annunciato che tutti i primi ministri delle maggiori nazioni del mondo sono in volo per raggiungere la località cinese dove ci sono le arche, tranne il primo ministro italiano che ha preferito rimanere a Roma, dopodiché c’è uno stacco su San Pietro che crolla.

Certo Emmerich, il regista,  non può sapere che primi e secondi ministri italiani sarebbero i primi a scappare a gambe levate e magari col bottino, come del resto è già avvenuto qualche decennio fa, però la percezione chiarissima di un legame tra il governo del Bel Paese e la chiesa c’è tutto. Ma questo è niente. Poco dopo quando i grandi sono già nell’arca e il diluvio si avvicina c’è da prendere la decisione se accogliere o meno una grande folla che batte alle porte di quella specie di enorme nave: l’onda di diluvio sta arrivando, c’è il panico e tuttavia il primo ministro russo e la cancelliera tedesca si dicono favorevoli ad accogliere i disgraziati esclusi dalla salvezza. Ma la simil Merkel nell’appoggiare la decisione dice di parlare anche a nome dell’Italia.

Grandioso: siamo ormai percepiti come un’appendice persino in un filmetto, tuttavia  più acuto o quanto meno più sincero della nostra politica. Forse perché quest’ultima è ormai un filmaccio.