“Vogliamo vivere”. Già, sarebbe un ottimo motivo per liberaci di zecche e sanguisughe che hanno pasteggiato per vent’anni al seguito dell’orda Berlusconi. E invece sono proprio i parassiti che alzano l’invocazione al cielo elettorale: sembra di sognare, ma vogliamo vivere è il nome del partito che l’ultraottantenne Emilio Fede sta fondando. Un movimento di opinione con a capo chi a avuto sempre l’opinione del padrone è proprio quello che aspettavamo con ansia.

Certo il buon Emilio Fede ha un po’ di annetti sul groppone, ma vogliamo mettere l’esperienza accumulata in sessant’anni di giornalismo? Se non è un nonno della patria poco ci manca: da bel ami chiamato “l’ammogliato speciale” essendo convolato a giuste nozze con la figlia del vicedirettore della Rai, ha finalmente reso giustizia a quel detto misterioso che ci insegnavano da bambini, prendere due piccioni con una fava. E oggi da accusato di favoreggiamento della prostituzione assieme a Lele Mora e alla Minetti, ha dimostrato di credere fermamente nelle donne, sotto qualsiasi forma.

Oddio, tra questi due edificanti estremi ha pure passato qualche guaio: è stato accusato di reperire polli da spennare al tavolo da gioco per un’organizzazione che faceva capo al clan Turatello, ha fatto informazione faziosa tanto da essere stato sommerso di multe pure dall’addomesticatissima Autorità di garanzia per le telecomunicazioni, è stato un modello servilismo così integrale e sfacciato che è divenuto soggetto di studio, pare che abbia pure sottratto qualche euro al suo padrone, cosa che gli è costata il posto di maggiordomo al Tg4 e ultimamente ha cercato di depositare in svizzera 2 milioni e mezzo di euro di provenienza così incerta che persino la banca di Lugano si è rifiutata di incassare.  E

Piccoli incidenti dentro una gloriosa carriera: sicché vuole vivere ancora, magari da deputato alle nostre spalle. Oltretutto  pare voglia presentarsi come anti montiano rischiando di mandare in vacca con la sua sola presenza da ambiguo vegliardo, chi cerca di fare una battaglia seria contro il potente coro polifonico del pensiero unico. Ma lui vuole vivere, non c’è che fare. E del resto c’è pure chi ha fatto il balzo decisivo di carriera con più anni di lui.

Infatti quel plurale “vogliamo vivere” non si riferisce tanto ai suoi possibili elettori di cui ci si può immaginare la qualità, quanto a quella fetta di classe dirigente invecchiata e anzi mummificata quanto alle idee, che non ha alcuna intenzione di mollare la presa, che si ostina ad essere protagonista in tutti i campi, che non si rassegna al declino della propria stagione e fa del declino del Paese il proprio ritratto di Dorian Gray. Vogliono vivere: senza speranza, senza carità di patria, ma con tanta, tanta Fede.