Il 23 ottobre del 2009 ero ancora fresco di Facebook e questo blog ancora non esisteva. Così scrissi una noticina per dichiarare che alle primarie del Pd avrei votato Marino, nella speranza remota come una vincita al superenalotto che qualcuno mi seguisse. Da un certo punto di vista mi sembra passato un secolo, da un altro potrebbe essere trascorsa appena un’ora dal momento in cui depositai i tre euro che avevo in tasca in cambio della scheda: problemi e ragioni di un voto sono rimasti gli stessi, mentre il soggetto di quel voto sembra ormai perso e distante.   Mi viene quasi da sorridere leggendo: “E proprio per questo voterò Marino, perché è dall’etica della laicità e dei diritti che si hanno in quanto cittadini che può ripartire un discorso virtuoso che coinvolga anche l’economia e la politica. L’etica della responsabilità, l’evidenza che i diritti civili e quelli sociali non esistono se vengono separati. 
Può darsi che la prenda da lontano, ma se non saniamo le radici, il resto non saranno che pannicelli caldi per alleviare un declino inevitabile e inarrestabile. Certo Marino non è la panacea, è solo una scelta nel limite di un menù a prezzo fisso. Ma è un segnale, un segnale di democrazia tra gli avvertimenti di una politica diventata racket”.

Da fascista del web quale mi sono scoperto dopo le alate parole di Bersani dovrei dire: “quanta acqua è passata sotto i ponti” se non fosse che è passata anche molta innominabile materia e dopotutto non sono fascista fino a quel punto. Ma il fatto è che in questi tre anni ho sentito almeno 2000 volte dire a Marino “non ci sto” per scoprire che invece alla fine ci sta sempre, è sempre lì, che vota le cose a cui dice di non credere, contro le quali talora si ribella e che insomma siede sulla poltrona come una statua dell’Isola di Pasqua o, diciamolo pure, come uno di quei pezzi di casta senz’arte né parte che senza poltrona sono nulla. Il che è un’offesa per se stesso e il segnale di come possano essere nocivo fare vita di apparato.

Ma la cosa che davvero mi ha deluso è veder comparire su L’Espresso, un suo intervento in cui dice “chi beve e chi fuma si paghi le cure”. E no caro senatore Marino, non si possono venire a dire queste cose nel pieno della vicenda della vicenda dell’ Ilva, dove esiste un’evidentissima responsabilità politica nell’aver lasciato che un profitto senza se e senza ma, divenisse la causa prima di una tragica mattanza. No davvero voglio ufficialmente i miei tre euro indietro. E non solo per il malgusto di invocare una responsabilità sociale dei singoli, quando le istituzioni di rappresentanza vivono spesso di una ben retribuita irresponsabilità. Ma proprio perché questo tipo di idee, di derivazione e suggerimento liberista , è esattamente il contrario di quelle che le attribuivo.

Spero lei si accorga  che questo intervento sulle vite delle persone, il rendere i diritti elementari condizionati a una  sorta di “buona condotta” stabilita dall’alto, prendendo la scienza a pretesto e gli interessi a bussola, è una grande menzogna sotto molti punti di vista. Spero capisca che la responsabilità sociale dei singoli viene invocata nel tentativo di strangolare il welfare, così come impone il totem del capitalismo finanziario, socialmente irresponsabile per definizione. Infatti quando si tratta di denunciare i mali provocati da una serie infinita di inquinamenti di ogni tipo, dalle emissioni venefiche dei grandi falansteri industriali, alle polveri sottili delle automobili, pericolose assai più del fumo passivo, si tace o al massimo si predica, ma non si minacciano certo gli automobilisti di toglier loro l’assistenza sanitaria e men che meno si impone alle aziende di porre rimedio ai guasti combinati anche quando le soluzioni tecnologiche esistono. No, non si vanno a scomodare interessi di quel tipo, non si vanno certo a toccare i sacri profitti. Senza dire che è ben strana la situazione nella quale lo stato dovrebbe togliere l’assistenza sanitaria a chi fa uso di sostanze su cui lo stato stesso lucra: non le sembra ambigua, sconcertante questa situazione? Prima di negare le cure non sarebbe più logico e direi più limpido vietare la libera vendita di questi veleni? O, come avviene oggi, aumentare semplicemente il lucro?

Non sto contestando il suo buon senso di medico che giustamente mi consiglia  di non fumare e non bere, contesto invece il suo non senso di politico, il suo pensare ai diritti come a qualcosa di alienabile, di decostruibile o condizionabile a volontà. Perché certo si può cominciare con cose che sono evidentemente dannose, tra le tante, con provvedimenti che possono sembrare sensati per poi, una volta legittimata l’aggressione con il buon senso usato come grimaldello,  invadere altre sfere: quella dell’alimentazione che spesso coinvolge quella psicologica, quella sessuale (quanto spende il servizio sanitario per le malattie a diffusione sessuale ?), quella sociale. E questo sta già accadendo è già incipiente con in fondo al tunnel non la luce, ma un grande fratello. La sostanza della democrazia consiste proprio nell’idea che esistano dei diritti fondamentali che non possono essere scippati, se no arriviamo all’assurdo che il signor Riva potrà essere curato gratuitamente e il suo operaio che fuma no.

Credo che il medico debba curare, ma che il politico debba accorgersi quando il giuramento d’Ippocrate viene usato come cavallo di Troia per far passare visioni politiche e sociali che si propongono di svuotare la democrazia, di farne uno scheletro formale con l’astuzia di appellarsi a un’elementare e ovvia saggezza. Il diritto alla cura è un diritto, punto e basta. O forse lei la pensa come Bersani che ha espresso la luminosa idea, assolutamente non fascista, di negare le cure a chi si è reso colpevole di evasione fiscale, pratica peraltro permessa di fatto da quarant’anni per interesse politico e persino esaltata in qualche occasione? O magari – apro qualche orizzonte al suo partito – togliamo assistenza a un disabile perché la sua condizione ha avuto origine una condotta imprudente?

Purtroppo mi rendo conto che in un paese smarrito, carico di cattiva coscienza, dove all’elaborazione politica si è sostituita la vendicatività e una squallida guerra tra persone in via di impoverimento, certi ragionamenti fanno breccia, rimescolano oscuri e torbidi istinti, molto utili per i pifferai. Tanto che a navigare sul web ci si imbatte anche in chi s’interroga seriamente se sia lecito assistere chi è affetto da una malattia rara – gli imbecilli si sono messi a pensare – o si dibatte sull’allarme lanciato dall’Fmi sull’aumento della vita media che purtroppo rischia di sottrarre qualche soldino ai bankster e di essere una bestemmia per la religione liberista.

Liberissimo. liberistissimo di appartenere a questo filone di pensiero, al disumanesimo contemporaneo, ma nella logica del profitto, visto che ci siamo, dico che tutto questo non vale tre euro.