luglio stamane al mio risveglio
non ci speravo piu’ ia ia ia ia
luglio credevo in un abbaglio
e invece ci sei tu ia ia ia ia

Com’erano serie le canzonette di una volta, persino i tormentoni dell’estate che pervadevano “scali e pensioni” dentro un Paese che voleva cambiare e che almeno voleva vivere. Invece il luglio di quest’anno ci porta all’Italia di una confusa sopravvivenza che chiamano spread. Ed è francamente molto peggio, anzi molto più stupido.

Abbiamo un premier che quando lo spread sale  si fa di burro e tenta di risvegliare il cadavere dell’economia reale che ha  imbalsamato. Ma appena il maledetto scende di un po’ risfodera la sciaboletta giocattolo e grida alla carica atteggiandosi a monumento equino, seguito dai ragli dei debenettini. Certo non tutti amano il sociopatico di Palazzo Chigi, nemmeno a destra dove ancora lamentano la caduta del ricco Epulone che almeno alle sue mense lasciava briciole di tangenti e strafighe: così inneggiano a Draghi, ora assunto a tempo pieno come vero Salvatore e sommo Profeta.

Persino Petrucci  presidente del Coni fin dal sesto giorno della creazione del mondo ci fa sapere che vincere medaglie abbassa lo spread: lo aveva detto già dopo Italia – Germania e dopo una vittoria della Ferrari. Bè luglio col bene che ti voglio, ancor mi meraviglio….

In realtà un effetto Draghi c’è stato, ma la generalità dei media si è ben guardata  dal tentare di capire perché, anzi la reazione positiva è stata enfatizzata come ennesimo elemento magico da gettare in pasto alla paura e alle incertezze. Il governatore infatti non ha detto  nulla di economico:  «Si vedono degli analisti immaginare scenari di esplosione della zona dell’euro. Ciò equivale a misconoscere il capitale politico che i nostri dirigenti hanno investito nell’unione e l’appoggio dei cittadini europei. L’euro è irreversibile».

Come è straordinariamente evidente Draghi non porta alcuna analisi tecnica alternativa agli scenari proposti ormai da tutta l’economia mondiale, nemmeno li contesta, ma vi  contrappone una generica volontà politica dei nostri dirigenti e un’inesistente appoggio popolare giusto per non dare alla frase un retrogusto autoritario. Ma i mercati hanno interpretato  l’uscita del governatore come il segnale che forse si prepara un via libera per un nuova immissione di denaro dalla Bce alle banche  o forse anche acquisti di titoli di stato dei Paesi in difficoltà, per tamponare momentaneamente la situazione , per passare l’estate e hanno reagito positivamente.

Se sia così o no, non saprei dire, probabilmente no, se proprio ieri la coalizione di governo tedesca, Cdu e liberali hanno stilato un comunicato in cui si dice che  “Draghi non è un salvatore, ma un predatore di Spargroschens  (risparmi) dei cittadini”. Ma una cosa è certa, non sarà questo che salverà l’euro o la nostra economia: al contrario queste brevi e occasionali remissioni della malattia ne dimostrano la gravità. Infatti come’è possibile leggere sul sito della Banque de France, il governatore dell’istituto francese spiega bene la situazione in un intervista concessa al quotidiano economico tedesco Handesblatt: qualunque immissione di denaro a basso tasso di interesse nel sistema bancario europeo non ha nessun effetto sul costo del denaro per il sistema economico: quest’ultimo infatti rimane legato al costo di finanziamento degli stati.

Insomma gli interessi chiesti dalle banche per il servizio di credito seguono grosso modo i livelli di remunerazione dei titoli di stato di ciascun paese e non fanno riferimento invece ai tassi bassissimi con i quali possono rifornirsi di denaro. Questo significa che se esiste l’euro il mercato monetario è tuttavia frazionato come se in realtà non ci fosse, che la moneta è unica, ma non comune.  E questo aumenta le differenze anziché smussarle, facendo scattare una tacca dell’infernale circolo vizioso.

Allora forse la frase di Draghi acquista un significato diverso oltre a quello rituale o di messaggio in codice agli operatori economici vero o forzato che fosse: significa che l’euro con tutto ciò che comporta in fatto di sacrifici, di perdita di diritti e di sovranità degli stati, di impoverimento generale non è tanto ciò che serve all’Europa, quanto ciò che vogliono “i nostri dirigenti”. Non una politica monetaria che presupporrebbe la messa in comune di debiti e surplus, ma una moneta spendibile per operazioni politiche di stampo liberista. Non è un caso che proposte politiche o di palazzo, per esempio quelle sulla legge elettorale, arrivino puntualmente all’interno dei crinali salienti dello spread, facendo intravedere la trama del gioco.

Eh già  luglio col bene che ti voglio
vedrai non finira’ ia ia ia ia