Massimo Pizzoglio per il Simplicissimus

La stagione dei grandi statisti è finita da un po’ e ci tocca fare con quel che c’è, proprio nel momento in cui qualche statista, anche medio, ci farebbe sinceramente comodo.
Probabilmente lo è Hollande, se non altro tenace; sicuramente, anche a consuntivo, non lo è Sarkozy.
Il dibattito è partito in sordina, con Hollande quasi imbarazzato e Sarkò sprezzante come sempre: la prima mezz’ora del match, ai punti, andava a Nicolas, che addirittura metteva alle corde François un paio di volte, fino all’intervento dei giudici.
Poi, come un diesel da trattore, il socialista viene fuori fuori e martella ai fianchi il minore dei mali (è più piccolo della Merkel) su giustizia ed energia, dove però si ricorda di tenersi buono l’elettorato moderato (sic!) e finge di scivolare sulle centrali nucleari.
Nel complesso, forse non convince tutti, ma il “grigio” Hollande esce vincitore da questo match.

Ma era soprattutto il confronto dei contendenti come “uomini di spettacolo” che mi interessava studiare.

Io ho, come molti, alcuni tormentoni nella lingua parlata: tra i tanti, in francese, c’è “et donc…” che mi accorgo di ripetere spesso.
Ma nulla in confronto a Hollande! Dopo il cinquantesimo, e non era passato un quarto d’ora di cronometro, ho smesso di contarli.
Dall’altra Sarkò e i suoi “juste un mot”, che a noi suonava come “zitto, mò!” e il senso era quello, per interrompere l’avversario: centinaia!
Anche le posture erano interessanti: Hollande rigido (il busto immobile, l’angolazione pre-regolata), forse per aiutarsi a non dare nelle escandescenze della sua ex, Ségolène, che perse staffe ed elezioni contro il marpione Nicolas che la stuzzicò fino a farla andare in collera.
E, infatti, il piccolo cesare ci riprova: sfodera le sue smorfiette ammiccanti, il suo piglio da “io so delle cose che non posso dire, ma…”, il tono di voce che scende per diventare minaccioso.
Già, il tono di voce: un po’ monocorde quello di FH (non ama essere chiamato con le iniziali, il cui suono, in francese, suona come “sbiadito”), ci deve lavorare un po’, farlo diventare più emozionante, soprattutto per convincere i suoi elettori più giovani.
Invece studiatissimo, come tutto il suo personaggio, quello di NS: deve aver imparato a memoria tutti i discorsi di De Gaulle, perchè, se si chiudono gli occhi, sembra di sentir parlare il Général.
Stesse variazioni di tono, stesse pause…
Ore ed ore deve aver speso davanti allo specchio, il nostro, per sfoderare tutte le pose del suo repertorio.
Inutile, però, il tentativo di controllo sugli innumerevoli tic che con l’accalorarsi della discussione e con l’inscalfibile imperturbabilità dell’avversario, si sono manifestati via via crescendo con un effetto ridicolo non trascurabile.
Verso la fine aveva un sussulto ritmico delle spalle che ricordava il malefico Monsieur Opal del film di Renoir.

E così, pian pianino, la strategia messa in atto dal presidente si è rivoltata a suo sfavore, chi ha perso le staffe è stato lui, non tanto, ma troppo per chi pensava di governare la serata.
Può ben essere contento che Hollande non abbia accettato i tre dibattiti che aveva richiesto.

Sui contenuti non c’è molto da dire, tutto già noto e tutto già abbondantemente ripetuto in campagna.

Due sole novità ed entrambe dallo sfidante: Hollande ha proposto di togliere tutte le immunità della presidenza, con evidente imbarazzo di Sarkò, che dall’affaire Bettencourt teme colpi di coda.
E la più grossa, buttata lì nel discorso: il proporzionale come sistema elettorale del futuro francese “per garantire rappresentanza anche ai piccoli raggruppamenti”.
Un chiaro messaggio ai verdi e anche ai centristi.
Speriamo sia solo una boutade elettorale: proprio ora che il doppio turno alla francese sembrava poter prendere piede in Europa, loro lo mollano?