Basta aprire i giornali di oggi per rendersi conto dell’impatto negativo che la vittoria di Hollande ha avuto sull’establishment italiano ormai deciso a sfruttare la crisi e i demenziali diktat della Merkel per far pagare ai ceti popolari e a quelli medi la propria pigrizia e il proprio fallimento. Il Corriere in mano alla finanza di stampo montiano e la Stampa marchionnesca  che danno ancora speranze a Sarkozy, la sobria prudenza di Repubblica, i giornali della destra berlusconiana, anch’essi perplessi, ma che fanno trasparire il piacere per la sconfitta di Sarkozy dovuta all’amicizia per la cancelliera tedesca, ritenuta la vera sloggiatrice di Silvio.

E via andare così, perché ci si rende conto che al di là della moderazione di Hollande, la sua ascesa all’Eliseo significa la fine di questa Europa monopolizzata sul piano ideologico da un liberismo cieco, distruttivo dei diritti e su quello degli interessi economici dalla Germania. Una coabitazione contradditoria, un ircocervo del quale tuttavia cercano di approfittare le classi dirigenti dei Paesi della periferia mediterranea per rimanere al comando nonostante la tempesta.

Non è un caso che tutti i media italiani enfatizzino il presunto boom della Le Pen nel timore che la destra xenofoba e in qualche modo nazionalista, metta in crisi la “buona”, sobria  destra della finanza. In realtà si sa bene che le posizioni poujadiste sono state sempre forti in Francia, come del resto in Italia dove però si esprimono nei cuori di tenebra di diverse formazioni politiche, dalla lega, al berlusconismo profondo, ai rimasugli di alleanza nazionale. Certo quello della Le Pen, con il 18 e passa per cento è un buon risultato: ma il fronte nazionale ha preso quasi il 15% nel 1988, più del 15 nel ’95, arrivando al 17,8% che Le Pen père prese al secondo turno contro Chirac  nel  nel 2002. Anzi Chirac, su quale già si addensavano nuvole di scandali ed era definito “supermenteur” fu letteralmente salvato dal leader del Front national che riuscì a superare il candidato socialista. Certo in dieci anni certe posizioni nazional-xenofobe sono cresciute in Europa:  quindi il risultato non ha nulla di eccezionale se non un ritorno di voti che la tornata precedente erano stati risucchiati da Sarkò. Ma si cerca di fare in qualche modo lo stesso anche questa volta lo stesso giochino, nonostante il fatto che i candidati in carica abbiano sempre ottenuto di più dei loro sfidanti al primo turno, anche quando sono stati sconfitti nella battaglia finale.

Le president  infatti si è subito spostato a destra, anche se difficilmente riuscirà a recuperare una metà del bottino elettorale lepenista, rischiando invece di perdere qualcosa dai centristi: l’insofferenza verso questa squallida e pessima Europa è ormai trasversale, come dimostra anche la crisi del governo olandese. Comunque sia, è chiaro che la vittoria di Hollande  è destinata a far saltare il giochino tedesco e quello dei potentati italiani ed europei che ci hanno indotto a intraprendere la strada della recessione, trovando gli uomini giusti per fare i primi della classe a spese dei lavoratori dei pensionati e dei ceti popolari. Fra 15 giorni è molto probabile che ci sia aria nuova in Europa. E se fossi qualche italiano sobriamente vestito, non mi parrebbe una buona idea trasferire tutto il guardaroba a Palazzo Chigi.