Una delle notizie più importanti di questi giorni è rimasta seminascosta dentro le pieghe desolate della cronaca, confusa nella chiassosa sarabanda che ci coinvolge. Così non si è sentito il tarlo che rode, il verme che scava nel frutto delle speranze e che finalmente ci delinea senza pudore gli orizzonti del pensiero unico.

L’ineffabile signora Lagarde , direttrice del Fondo monetario internazionale, venuta a ristabilire l’ordine dopo l’eretico Strauss Kahn,  dice che presto dovremo scegliere tra la vita e gli investimenti.  Purtroppo non è uno scherzo, ma un’imprudente e impudente affermazione: gli investimenti anche quelli considerati più sicuri sono diventati rischiosi a causa dei deficit degli stati. Deficit causati dal welfare e in particolare dall’aumento della vita media, il quale secondo la Lagarde  sebbene sia   “molto desiderabile e abbia aumentato il benessere individuale”, ha implicazioni  finanziarie molto negative, crea difficoltà di sostenibilità fiscale e di solvibilità degli istituti finanziari e dei fondi pensione. Insomma i rischi  “potrebbero avere un ampio effetto negativo su settori pubblici e privati già indeboliti, rendendoli più vulnerabili ad altri shock e potenzialmente minando la stabilità finanziaria”.

La ricetta viene subito fornita: aumento dell’età pensionabile in linea con l’aumento della vita media , contributi pensionistici più alti e pensioni molto più basse. Ecco il piatto del liberismo selvaggio che peraltro stiamo già assaggiando grazie agli sguatteri di cucina che abbiamo al potere . Piatto che però nasconde un trucco: apparentemente si presenta come l’imposizione di sacrifici, gravosi, ma necessari ad alimentare la follia finanziaria. In realtà ci dice che l’istituto stesso della pensione dovrà scomparire o si dovrà porre un argine all’aumento della vita media.

Infatti la signora Lagarde e gli illustri economisti dell’Fmi, responsabili di vent’anni di clamorose cantonate, non possono non sapere che l’aumento della vita media non si traduce tout court in un aumento della vita economicamente attiva: allo stato delle attuali conoscenze è possibile aumentare gli anni della vecchiaia anche di molto, ma solo di una frazione quella della vita lavorativa, almeno per la stragrande maggioranza delle attività. E questo senza dire che il capitale ha creato un mondo di produzione e consumo, dove l’espulsione dal lavoro tende a diventare sempre più precoce. Dunque per quanto si voglia infierire sulle pensioni, per quanto si vogliano impoverire i giovani e gli adulti togliendo loro larghe fette di reddito in conto contributi, per quanto si cerchi di rendere insicura e misera la vita delle persone, i conti della Lagarde e di quel pugno di individui, banche, istituzioni ed enti  finanziari depressi dalla rischiosità degli investimenti (ma non è proprio nel rischio il senso del mercato?)  non potranno mai tornare. Secondo uno studio del Max Planck institut, servito poi per elaborare la riforma pensionistica in Germania, dopo i 65 anni a ogni aumento dell’attesa di vita corrisponde mediamente un aumento delle piene capacità lavorative di 1/9, mentre le spese sanitarie aumentano di un terzo per ogni anno di vita guadagnato. Dunque o si decide che le persone hanno diritto a vivere e ad avere dignità anche dopo una certa età e si costruisce l’economia attorno a questo concetto, si trovano soluzioni innovative che certo non posso scaturire da cervellini lagardariani, oppure  non rimane che che eliminare l’istituto stesso delle pensioni se non le possibilità e l’accesso alle cure.

In entrambi i casi si otterrà l’auspicata diminuzione della vita media che è molto desiderabile per quasi tutti i 7 miliardi di abitanti del pianeta, salvo che per quel milione di grandi investitori che vivono il dramma della non totale certezza dei titoli di stato. Come si vede siamo già molto oltre 1984, siamo a “L’esame”di Richard Matheson, dove gli anziani sono sottoposti ad esami per sapere se devono vivere o morire . Questo succede quando si affermano visioni ciniche e stupide, senza forze che vi si oppongano concretamente, forse perché non vedono dove si vuole arrivare.