Licia Satirico per il Simplicissimus

Dai microfoni di “Radio Anch’io” Elsa Fornero rassicura gli italiani: «non ho dimenticato gli esodati». Prima di dare agli ascoltatori il tempo di realizzare se sia una promessa o una minaccia, la ministra aggiunge che il problema sarà risolto entro il 30 giugno, perché lei non intende spaccare il paese. LaFornero ha idee molto personali sulla compattezza sociale, convinta com’è che la riforma del mercato del lavoro non possa essere discussa né trasformarsi in polpetta parlamentare. D’altronde, la titolare del welfare insiste molto durante l’intervista sul consenso unanime dei sindacati verso la sua riforma, con l’antipatica voce fuori dal coro della Cgil. Certo, nelle ultime riunioni l’unanimità supposta è ulteriormente scemata, ma la ministra sembra non preoccuparsene: «cambiare idea è legittimo…non abbiamo costruito contro, ma con il consenso». L’idea che il consenso sia scomparso non rientra negli orizzonti culturali del ministro, così come la preoccupazione che con gli esodati lo Stato sia venuto meno a regole già pattuite, tra le cui pieghe (o piaghe, certamente d’Egitto) decine di migliaia di persone hanno deposto ingenue la loro esistenza.

Sarà che l’Italia spaccata ricorda molto la celebre paccata di miliardi, sarà che anche la riforma del mercato del lavoro era stata sottoposta idealmente a termini perentori come i suoi presupposti, ma le parole de LaFornero suonano vuote: al di là del termine stagionale nulla si dice sul destino degli esodati, ridondanti pletorici irreversibili. Come troppe cose non quadrano nel racconto biblico dell’Esodo, nell’esodo forneriano ci sono lati oscuri e minacciosi: esistono limbi pattuiti e non retribuiti, in cui le regole del gioco sono cambiate retroattivamente dopo la conclusione dell’accordo di allontanamento volontario del lavoratore anziano.
L’esodato è fuori dal mondo del lavoro e si ritrova fuori, suo malgrado, anche da soluzioni alternative. È troppo vecchio per ritornare in pista e troppo giovane per aspirare al pensionamento: in base alla disciplina attuale, pare destinato a diventare esodattilo e a estinguersi per consunzione, sebbene gli esemplari residui oscillino tra i 50.000 ufficiali e i 700.000 ufficiosi. L’esodattilo scomparirà, forse per il meteorite pensionistico, forse per il venir meno dei mezzi elementari di sussistenza. Già interpellata sulla questione, LaFornero si è avventurata in un’altra delle sue immagini gastronomiche, ribadendo che il governo è impegnato in questioni sgradevoli e non può distribuire caramelle. L’entità della caramella esodale è ancora ignota: si sa solo che prenderà corpo entro la fine di giugno, perché il Paese deve restare integro. Dal pulpito della Bocconi Marchionne, nel frattempo, istruisce i giovani: se continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo. Peccato che gli esodati, i precari, i lavoratori sfruttati e terrorizzati dalla disoccupazione non siano in sintonia con la Weltanschauung del momento.

Sono antica, lo ammetto: appartengo a un’epoca in cui i diritti non venivano rimessi in discussione come carta straccia, non venivano svenduti alle regole di mercato, non venivano toccati perché obsoleti e farraginosi. Appartengo a un’epoca in cui il ricorso al giudice da parte del lavoratore discriminato non era visto come una fastidiosa perdita di tempo per l’impresa, ma come il rimedio contro provvedimenti odiosi.
Il problema degli esodati restituisce appieno l’arbitrarietà del modus operandi dell’attuale governo: i diritti acquisiti sono stati travolti nell’eterno presente del sacrificio, della necessità, della crisi.
L’esodato è diversamente pensionato: il prodotto perfetto di una ministra diversamente pluralista. Chi ha rinunciato al lavoro di sua iniziativa rischia ora di andare incontro a un mini-sussidio, ritrovandosi poco al di sopra della soglia di povertà. Non sappiamo ancora se potrà aspirare al piatto di spaghetti al pomodoro evocato dalla ministra per i redditi minimi: è l’equità ai tempi della Fornero, caramella da una conosciuta.