Rosella Roselli per il Simplicissimus

Come mi aspettavo la trattativa sul lavoro che volge al termine sta già facendo le sue prime vittime. Grazie soprattutto alla tempestiva – almeno quanto il rialzo dello spread – precisazione del Governo che ieri sera ci ha informato durante la prima serata dello show Porta a porta – ormai anche tecnicamente riconosciuto come Terza Camera-, che gli statali saranno esclusi dalla nuova normativa che sopprime l’art. 18.

Sono passate soltanto poche ore e il vero nemico è stato finalmente individuato. Di nuovo il travet – il fannullone, il parassita, colui che ha portato l’Italia alla rovina -, che è stato risparmiato perfino dai nostri tecnici inflessibili e lasciato seduto alla propria scrivania con un occhio a Facebook e l’altro alle parole incrociate, nella sua inutilità iconografica.

No, non sono stupita della piega che nell’opinione pubblica sta prendendo la discussione sui diritti del lavoro né sulla scelta del nemico. La pubblica amministrazione è stata per anni l’unico vero ammortizzatore sociale, incubatore di voti clientelari, ricettacolo di assenteisti e non finirà forse mai di scontare questo peccato originale, per quanto da molto tempo i concorsi siano bloccati, siano stati introdotti nuovi criteri di valutazione e controllo, penalizzati economicamente i periodi di malattia, bloccati gli stipendi per quattro anni (siamo all’inizio del terzo), aumentata l’età pensionabile, posticipata la liquidazione e altre sciocchezzuole.

Si rispolverano per l’occasione vecchi luoghi comuni, i doppi lavori, le spese in orari di servizio, le false malattie, e bla bla bla, dimenticando che le  vere inefficienze andrebbero attribuite soprattutto a un sistema politico non ancora pago di giustificare l’esistenza nel mondo di una classe dirigente incapace e spesso corrotta. Sono argomenti che però tornano sempre molto utili nei casi di trattative difficili o sanguinarie come questa che finirà per lasciare sul campo più cadaveri di una guerra o di una epidemia.

Mi chiedo allora perché si è voluto tanto rimarcare questa discriminazione al contrario, dedicata proprio a quei lavoratori dai quali, a mani basse, si è potuto attingere ogni volta che si sia avuto bisogno di ripianare debiti, pareggiare bilanci e obbedire a diktat europei, unico riconoscimento all’importanza del loro contributo a sostegno dell’economia nazionale.

Mi domando a chi giova questa ulteriore divisione tra figli e figliastri, se non a un Governo che dalla divisione tra lavoratori può trarre la sua forza maggiore, alimentandone e incrudelendone le differenze e le aspettative, provocando inutili scontri che distoglieranno l’attenzione dal devastante proposito di rendere TUTTI i lavoratori prima ricattabili e infine licenziabili, senza nessuna garanzia che questo “dinamismo lavorativo” scuota una economia ormai quasi immobile o possa favorire l’occupazione di giovani e precari. Non cadiamo in questa trappola, il nemico è un altro. Difendiamo i diritti dei lavoratori, tutti, e facciamolo insieme. Tutti.