Alle volte si fanno delle scoperte casuali che costituiscono una specie di rivelazione. Qui sotto vedete una cartina dell’Italia con la localizzazione e il numero delle crisi aziendali, almeno quelle già dichiarate, magari anche da tempo e, in questa scala, più o meno suddivise per regione.
La cosa diventa più interessante quando si esamina un’altra cartina, quella che riassume le morti sul lavoro a partire dall’inizio dell’anno.
Salta subito all’occhio la relazione tra il numero di crisi e il numero di morti sul lavoro. Per maggiore chiarezza ecco in un grafico il rapporto tra morti bianche e stato di crisi. E’ facile vedere che le due linee hanno un andamento molto simile, con la sola eccezione della Basilicata. che h fino ad oggi ha zero morti e la Sicilia che ne ha di più rispetto alle vicende industriali.
Ora qualcuno potrebbe dire che la correlazione è scontata: dove ci sono più industrie è maggiore la probabilità di incidenti e presumibilmente è anche maggiore il numero di aziende in difficoltà. Così però non è perché il numero di crisi non ha un rapporto significativo col numero totale di aziende e per esempio le 33 della Lombardia sono una piccola frazione del sistema produttivo, mentre le 6 della Sardegna incidono enormemente di più. Così pure i morti sul lavoro hanno una relazione solo molto vaga con il numero degli occupati nei settori produttivi e manifatturieri, talvolta, anzi, del tutto contraddittoria, per non parlare del numero sempre in crescita e a macchia di leopardo dei disoccupati.
Invece questa inaspettata correlazione fra crisi e morti ci dice qualcosa di più: che nella tempesta, che certo mette a terra alcune aziende, ma riguarda da vicino tutte, la tendenza generale è quella di badare meno alla sicurezza. Le aziende per prime e gli operai anche, gravati dal ricatto dell’occupazione. Più crisi meno tutele è in fondo anche la tesi di fondo del governo: tutele giuridiche e contrattuali, ma anche di sicurezza, visto che anche la sorveglianza verrà allentata, perché anche questo “non è un tabù”.
Alle volte basta un grafico per comprendere quegli applausi da mascalzoni riservato da Confindustria ai dirigenti Tissen Krupp , per capire che la produttività la si vuole illusoriamente ricavare non dagli investimenti, ma dalla combustione dei diritti e della civiltà. Si, è così che pensano i mediocri a tutto, che siano in giacca o in maglioncino.
@max9000 – Vuoi dire come i sepolcri imbiancati?
PROPRIO COSI’. IL BIANCO VA BENE CON TUTTO,PERO’ LE MACCHIE SI NOTANO DI PIU’ E VANNO VIA MENO,E POI COME LA NEVE RENDE TUTTO UNIFORME.ACCETTABILE CANDIDO, PASSABILE.QUINDI LE COSE DA NASCONDERE SI TINGONO DI BIANCO …..
Vorrei solo sapere chi sia stato il genio che per primo ha definito “morti bianche” le morti per incidenti sul lavoro. Presumo che sia stato uno di quelli che potrebbe degnamente far parte di questo immondo governo di sedicenti tecnici col pallino dell’art. 18 sul quale si affannano senza riuscire a far capire ed a capire essi stessi il nesso con l’incremento dei posti di lavoro.
I posti di lavoro in entrata dovrebbero essere sempre invariati, in situazioni normali, rispetto a quelli in uscita. Ma la Fornero che inventa come Monti solo slogan privi di significato concreto. Ricordate la sua EQUITA’? L’ha appesa nel suo cesso!!! Presto presenterà un d.d.l. sull’equità nella produzione della merda!!!
IO INVECE PENSO CHE L’ESPRESSIONE BIANCA ASSOCIATA ANCHE ALLA LUPARA SIA DA ATTRIBUIRE AI PERBENISTI CHE PER LAVARSENE LE MANI PUR ESSENDO RESPONSABILI DIPINGONO DI BIANCO CIO’ CHE FA COMODO METTERE LI’I9N UN’ANGOLO…POI CI PENSIAMO…FAREMO ….VEDREMO.
LE MORTI O INCIDENTI SUL LAVORO SONO UNA PIAGA.E CON L’INNALZAMENTO DELL’ETA’ PENSIONABILE AUMENTERANNO, COSI’ I GOVERNANTI SI FREGHERANNO LE MANI SODDISFATTI.