Tra ieri oggi abbiamo appreso dai grandi giornali  che in gennaio il Tesoro ha pagato oltre 2 miliardi e mezzo  a Morgan Stanley per estinguere un giardinetto di derivati. Magari potrebbe fare clamore che, zitto zitto fesso fesso, il governo abbia pagato a una banca una cifra notevolmente superiore a quella promessa per il nuovo welfare contro la disoccupazione. Ma in questo momento mi interesserebbe di più sapere come mai venga data oggi con un certo rilievo una notizia che era già uscita ed era rimasta seminascosta.

Ora io che non sono advisor nemmeno della merceria all’angolo lo avevo scovato e riportato proprio su questo blog il 4 febbraio scorso:

“E intanto mentre i passeggeri si aspettano che il guasto ai generatori venga riparato, non sanno che in gran segreto il Tesoro paga oltre 2 miliardi e  mezzo a Morgan Stanley o che nel gran cianciare di articoli 18, si fa morire per ordine di Intesa e per mano di Equitalia, un piccolo gioiello della produzione italiana, quella Mectex che aveva inventato il tessuto che ha rivoluzionato il nuoto.  Ma soprattutto comandante e altoparlanti non dicono che la nave è finita sugli scogli.”

Chi voglia leggere tutto il post può andare qui. Rimane il mistero della gestione di queste notizie e del loro strano andare e venire, dell’essere nascoste o disseppellite per un’autopsia. Forse a febbraio gli spread erano troppo alti per farlo sapere agli italiani? Forse la cosa avrebbe messo in imbarazzo i montisti di necessità? Forse era ancora troppo fresca l’introduzione dell’Imu e il massacro delle pensioni? E’ del tutto evidente che qui non si tratta di qualcosa che può essere fatta passare come opinione per quanto in aperta contraddizione con ciò che si sosteneva fino a qualche mese fa, ma di una gestione politica della notizia che non a caso continua ad essere ignorata dal Sole 24 ore, il non stop del liberismo che mente a cominciare dalla testata, perché ccà’ è notte.

In senso generale la “comunicazione” generica, vuota ed emotiva sostituisce l’informazione che invece viene governata secondo interessi e vantaggi che rimangono sconosciuti ai lettori. Alle volte, anzi assai spesso, secondo un’idea patologica della democrazia, questo mercato viene attuato in modo subdolo, fingendo un’equidistanza formale che si rifiuta di valutare la consistenza delle argomentazione, limitandosi a prenderne atto. E’ di questi giorni, per esempio, la risposta del governo al documento che oltre un centinaio di esperti e tecnici aveva posto sulla Tav. Inutile dire che si tratta di un risposta imbarazzata con alcuni clamorosi errori concettuali, ma a parte questo è singolare che il documento governativo faccia riferimento a studi fantasma di cui non si conosce nulla come se fossero un cartiglio segreto. Come sa chiunque si occupi anche per puro hobby di argomenti tecnici e scientifici, fornire dati senza citare le fonti equivale a una pura invenzione. Il compito di media corretti sarebbe  quella di richiedere i testi a cui si fa riferimento e di capire perché essi non siano pubblicati, perché non se ne conoscano gli autori, né le metodologie. O magari quella di chiedere a Passera e Moretti come mai non si prenda in considerazione di spendere una ventina di milioni per rendere possibile  il passaggio dei tgv sulla Milano-Torino , risparmiando così 40 minuti a fronte dei 79 eventualmente  permessi dal megatunnel.

Se ci si domanda come mai i talk show siano in crisi, per non parlare della carta stampata, forse bisognerebbe proprio rifarsi a questo ruolo dei media, che ad onta del nome, non mediano proprio nulla, presentano soltanto e si rifugiano dietro un rullo di pelosa testimonianza delle opinioni, quando non dietro interessi opachi degli editori.