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Oggi la Grecia, domani noi

Anna Lombroso per il Simplicissimus

La Grecia che ha fondato la democrazia, ora è la sua ultima trincea, contro un’Europa altezzosa e proterva che si muove nei suoi territori come la Santa Alleanza del 1815, a sedare nel sangue le rivolte. Oggi i signori del Congresso, vertici della Ue e della Bce riducono al silenzio le insurrezioni con la fame, con l’oscuramento dei media e collocando sui troni nazionali luogotenenti remissivi e ossequienti.
E chi resiste dà un lezione disperata di democrazia contrastando quella rinunciataria cessione di sovranità da parte degli stati nazionali verso delle strutture sovranazionali che non hanno una vera legittimazione democratica, sodalizi di tipo tecnico-burocratico e bancario-speculativo.
Oggi il Presidente Napolitano ha lanciato un avvertimento, non saranno tollerate proteste che escano dalla legalità. Duole che invece sia considerato legittime e legale ogni attentato all’autodeterminazione di uno stato e di un popolo, in nome del profitto e dell’interesse dei mercati e compiuto da un ceto dirigente europeo indifferente a vincoli politici e sociali che agisce, per citare Luciano Canfora, come il brigante Mackie Messer dell’Opera da tre soldi, col coltello in bocca, pronto a tagliare la gola ai riottosi.

In Grecia si mette in scena la rappresentazione del colpo di stato, anzi degli stati, effettuato dal sistema finanziario per governare di fatto l’Europa attraverso i suoi bracci operativi: la Commissione europea, il Fmi e la Bce. E di come i governi eletti dal popolo hanno scelto da tempo di fungere da rimorchio al sistema finanziario, in una eclissi dei partiti spaventati di perdere consenso e di affrontare tornate elettorali come da noi.
Non avendo avuto il coraggio di riformare il sistema finanziario, ed avendolo anzi aiutato a diventare più potente di prima, i governi Ue si trovano ineluttabilmente esposti alle sue pretese. E quel sistema ha preteso che si salvassero le banche dalla crisi del debito greco, esigendo che il il Paese riduca drasticamente il suo debito pubblico tagliando i salari, le pensioni, la sanità, la scuola; privatizzando tutto, i trasporti, le spiagge, i servizi collettivi, le isole, i porti, e perché no, il Partenone.

Non ha ragione il Presidente, l’Italia non è la Grecia, ma le è molto vicina. E noi ci rifiutiamo di vedere la prova generale di quello che sta per accaderci. Eppure dovremmo approfittare dell’occasione di avere a disposizione una profezia più attendibile di quella dei Maya. Eppure anche là la causa prima dell´elevato debito pubblico non risiede in un eccesso di spesa sociale, bensì in una sia “aberrazione” fatta di scelte inefficienti, in una corruzione esuberante, in un flusso troppo ridotto di entrate fiscali, imputabile a un alto tasso di evasione, in una pressione potente di pratiche illegali, negli appalti come in tutte le attività produttive.
La proposta di Papandreu di sottoporre a referendum il piano di austerità imposto alla Grecia in favore delle banche che sul debito greco hanno speculato dissennatamente e festosamente, è stata vista come un delitto di lesa maestà e il rifiuto del commissariamento come un tradimento.
E ora la repressione verrà vista come un doveroso piegare all’autorità un popolo che come il nostro è condannato da stereotipi, fannullone, inaffidabile, ignorante. Perché noi dovremmo pagare per dei pecorai, mi è capitato di sentirmi chiedere. Forse per essere noi meno pecore.

E si tace come si è taciuto quando nella calda estate tutti hanno scoperto che la Grecia si era indebitata oltre il 120 del Pil e che il suo trend di crescita era negativo da cinque anni. Non c’è da stupirsi d’altro canto che i governi, l’occhiuta commissione, la sussiegosa burocrazia comunitaria avessero fatto gli gnorri, per non parlare delle banche impegnate delle loro disinvolte e audaci acrobazie e troppo intente a specularci su quella rovina.

I rimedi finora proposti sono peggiori del male, il ricatto infame subito dal governo greco, privato della possibilità di decidere in tema di politica economica e costretto e perpetrare crimini sociali, costituisce uno svilimento della democrazia di importanza mondiale.
La crisi greca è un´anteprima di quel che presto succederà a noi, se i governi Ue non la smettono di subire le manovre del sistema finanziario, il rinnovato potenziale dirompente e rovinoso di manovre speculative che i maggiori gruppi costruiscono scientemente per estrarne il maggior profitto possibile in forma di interessi e plusvalenze, moltiplicando il rischio per i cittadini. Vanno in quella direzione le spinte selvaggia e sregolate alle privatizzazioni, condotte sotto la sferza della troika Ce, Fmi e Bce, che si ridurranno a vere e proprie svendite di immensi patrimoni nazionali. L´Italia ha ottomila chilometri di coste e centinaia di isole da mettere all´asta, dopo il Partenone potrà essere la volta di Firenze, Venezia e della Bocca della Verità, ormai abituata all’oltraggio.

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