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Le patate della Beozia e la democrazia perduta

A piazza Syntagma c’era una folla straordinaria mercoledì scorso, ma una folla senza animazione e allegria, una folla triste, in fila per cercare di accaparrarsi le 25 tonnellate di patate e cipole offerte gratis dagli agricoltori della Beozia. E oggi , se possibile c’è un’aria ancora più angosciata nell’Atene degli oboli di massa: sono arrivate al governo tecnico le condizioni per la concessione di un prestito di 130 miliardi, necessari a pagare le banche. In 12 pagine firmate da Ue, Fmi e Bce non c’è soltanto il massacro della Grecia, ma quello della democrazia e della stessa esistenza dello Stato che dovrebbe trasformarsi in una sorta di Equitalia della finanza.

Il documento – e anche l’Italia ne sa qualcosa di queste missive – chiede in cambio del prestito:

  1. Licenziamenti di qui al 2015 di 150.000 dipendenti statali
  2. Taglio delle pensioni integrative, anche di quelle già contrattate da anni
  3. Taglio dei salari eliminando la tredicesima e la quattordicesima dove esiste
  4. Abolizione del sistema di contrattazione collettiva del lavoro, lasciando solo contratti individuali o al massimo aziendali
  5. Totale flessibilità sul lavoro
  6. Aumento delle tasse sulla proprietà delle case e maggiorazione del 25% dei valori catastali
  7. Diminuzione del 5% dei contributi delle imprese
  8. Liberalizzazione dei trasporti, delle farmacie, dei notai e degli avvocati
  9. Espropriazione di fatto del controllo statale sul fisco con la creazione di una segreteria ad hoc e il cambio dei funzionari ogni due anni.
  10. Privatizzazione delle due più grandi aziende di stato
  11. Erogazione di nuovi fondi alle banche in cambio di azioni privilegiate che non hanno diritto di voto, rendendo così gli istituti bancari totalmente autonomi dallo stato.

Come si può notare le ricette sono sempre le stesse, fatta salva la differente gravità della situazione. Misure del genere sono state chieste anche al Portogallo e all’Irlanda che le hanno applicate senza altro risultato che la recessione. E sappiamo che consigli e suggerimenti simili sono giunti anche da noi. Che poi queste misure vengano attuate per avere un prestito o per evitare di chiedere un prestito, cambia poco: la triste minestra è sempre la stessa. La stessa che l’Fmi suggerisce da un quindicennio con risultati disastrosi, la stessa che la Bce impone per evitare di trasformarsi in banca di ultima istanza, rimanendo un soggetto di fatto privato, la medesima che la Merkel chiede per evitare di scucire la montagna di soldi che oggi occorrono grazie alla sua dissennata politica di ieri.

Come si può chiaramente vedere privatizzazioni, liberalizzazioni, scasso del sistema contrattuale del lavoro, tutela delle banche sono solo secondariamente misure destinate a un ipotetico risanamento, ma in primo luogo ricette per sterilizzare l’autonomia dello Stato, metterlo in un angolo e dare pieno riconoscimento al vero potere sostitutivo che è quello della finanza. L’approvazione da parte del governo tecnico, peraltro formato ad hoc e quello dello stesso Parlamento sono atti puramente formali, necessari a creare l’apparenza di una continuità legale e legittima del potere, ma nascondono la completa cessione di sovranità. Cosa del resto è stata ben chiara quando Papadopulos ebbe l’idea del referendum.

Per altri la perdita di sovranità assume aspetti meno ultimativi, viene regolata e misurata, con un’accurata politica di acquisto dei titoli di stato da parte della Bce e del milieu finanziario, in modo da premiare quando si attuano “riforme greche” e da punire quando vi siano esitazioni o timidi risvegli della politica. Dopotutto forse la democrazia non è ancora così debole da consigliare un brusco disvelamento. Meglio far credere che i governatori siano veri governanti: si sa che spesso ci si affeziona alla parvenza di dignità che possono regalare le bugie. Ma i sindaci si preparino a trovare piazze per le patate gratis offerte da una qualche nostra Beozia.

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