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I turiboli della Repubblica

In pochi giorni siamo passati dal governo dei cialtroni assoluti a quello dei tecnici espertissimi, un passaggio repentino che ha acceso tutti i turiboli disponibili sul territorio nazionale, ad eccezione di qualche valle alpina e di qualche riserva indiana della sinistra. Soprattutto l’incenso brucia negli ambienti cattolici, da Bagnasco a Franceschini, ma anche nella laica Repubblica. E non si fa fatica a capire perché: il nuovo governo è in gran parte formato da persone che in qualche modo fanno riferimento al mondo cattolico e/o a un certo bocconismo che predica il primato dell’economia. Due mondi apparentemente in contrasto, ma amorevolmente cuciti assieme  dall’antico vizio delle doppie morali.

Certo  non vedere più l’unto a Palazzo Chigi, né i suoi desolanti scherani o le baiadere ministeriali, ci costringe a un sospiro di sollievo.  Ma  questo non significa affatto che siamo usciti fuori da una disgraziata era della vita nazionale: siamo invece nella sua fase finale nella quale  gli ambienti economici e intellettuali finora operanti dietro le quinte della politica, hanno ritenuto di uscire allo scoperto e di prendere direttamente in mano la cosa pubblica. Quindi avrei una certa prudenza nel distribuire a priori delle medaglie.

Se andiamo a esaminare i nomi dei ministri* ci rendiamo conto dell’equivoco che si nasconde dietro la dizione “governo tecnico”: tutti, ad eccezione forse di Andrea Riccardi,  appartengono a territori contigui alla politica, in posizioni che si raggiungono su nomina diretta oppure solo se si è a stretto contatto e dentro le segrete cose.  Il loro arrivo all’esecutivo è un modo tutto italiano e machiavellico di realizzare una sorta di grosse koalition alla tedesca, senza però il coraggio e le idee di realizzarla apertamente, senza la possibilità, dopo tanti di anni di inaffidabilità e di buffoneria oltre che di opposizione incerta, di avere voce in capitolo in Europa. In qualche modo è anche la prova provata che almeno sulle famose riforme, le idee tra gli schieramenti non sono così differenti. Ed è questa la vera sconfitta della politica, non il passo indietro in favore degli ambienti di riferimento.

Che poi i pariti abbiano assai più a che fare con banchieri e potentati economici invece di che con iscritti ed elettorato non è altro che la prova del nove di questa lunga decadenza.

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