Mentre ansiosamente cerchiamo di liberarci di Berlusconi con un nuovo governo che ha parecchio di torinese nella sua compagine, mentre si parla di sviluppo  e gli spread rimangono appiccicati a oltre 500, arriva la notizia che negli Usa la 500 è stato un fallimento: ne sono state vendute meno la metà delle 50 mila preventivate da Marchionne. Naturalmente il grande manager tace e fa dire ai suoi sottopancia che è tutta colpa della commercializzazione, come se questo fosse meno grave.

Ma non è la sola cattiva notizia che arriva da quelle parti: c’è la chiusura anticipata di Termini Imerese, il crollo sempre più evidente del gruppo Fiat che in ottobre ha realizzato un – 10 e passa per cento dopo un anno di caduta continua. L’ingannevole manager col maglioncino attribuisce questo al calo del mercato che in realtà è dieci volte inferiore a quello dell’azienda torinese e riguarda  solo Italia e Spagna tra i grandi mercati, perché altrove le vendite sono cresciute.

Ma in questo campo il management Fiat gioca sporco: approfitta delle vendite di vecchi modelli Chrysler, tipo Freemont, su nuovi mercati per dare mirabolanti percentuali di crescita, ma è chiaro che partendo da zero è facile fare buoni risultati anche con poche vendite. Poi tutto ripiomba nella realtà. E così anche in Brasile la Fiat arretra in termini assoluti: dopo 9 anni da primo costruttore nel gigante sudamericano lascia lo scettro alla Volkswagen.

Però non tutto il male viene per nuocere: al nuovo governo che si propone di rilanciare l’economia e che in gran parte è formato da gente di finanza può suggerire che per crescere non è sufficiente pagare meno gli operai o tutelarli meno. Questo serve a mettere solo soldi nelle tasche degli azionisti, ma senza “prodotto”, senza progetto e senza intelligenza  non si va da nessuna parte. Anzi la cosa è assolutamente controproducente perché fa diminuire il mercato potenziale.Potrebbe suggerire a degli esperti che l’epoca dei manager generici la cui sola strategia è quella del ricatto sul lavoro e che  potrebbero occuparsi indifferentemente di auto come di dentifrici, è ormai alla fine.

Potrebbe indicare che i manager in cachemire e le signore che plaudono agli assassini, per giunta dicendo che se non si fa così, l’economia  rischia grosso, sono dinosauri a cui la globalizzazione ha dato alla testa pur avendone poca. E l’ asteroide a che li estinguerà, non si vede ancora, ma viaggia veloce. Che forse bisognerebbe smetterla di plaudire ai mediocri e ai venditori di fumo, e costringerli a una serietà o al semplice buonsenso che l’era di Berlusconi ha reso grottescamente una palla al piede.