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Trattati peggio della Grecia: troppa corda a Silvio

A leggere la seconda lettera della Ue con la richiesta ultimativa di ulteriori manovre corredata da scaletta dei tempi e  specifica dei provvedimenti, a esaminare il modo sbrigativo con cui l’Fmi e la Bce hanno imposto il loro controllo sull’andamento dei nostri conti e l’aperta derisione con cui gli altri leader europei guardano al nostro governo, si può tranquillamente affermare che cominciamo ad essere trattati assai peggio della Grecia.

Ma non illudiamoci che questo sia dovuto solo alla buffonerie, all’attitudine bugiarda e all’inaffidabilità del premier oltre che alla catastrofica cialtroneria di chi mandiamo in giro a rappresentarci. Dipende anche, se non soprattutto, ormai, dallo sgomento che suscita la debolezza e l’ incertezza bizantina con cui si cerca di liberarsi del personaggio e del suo entourage corrotto, la corrività con cui si accetta una corruzione dilagante, la penetrazione criminale fin nel cuore dello Stato e l’atonia morale oltre che intellettuale di una parte del Paese che ancora sta al gioco, che ancora mitizza l’ignobile personaggio.

Questo rende l’Italia inaffidabile nel suo complesso, quasi che fosse  complice o affetta dalla sindrome di Stoccolma. Come fidarsi anche in futuro di persone che hanno fatto melina, di un Parlamento attaccato più ai privilegi e ai vitalizi che al bene del Paese, di forze politiche di opposizione divise sulle strategie che i suoi leader hanno in mente per sopravvivere non arrivando a capire che è proprio su questo desolante circo che Berlusconi gioca, della massa di guitti di maggioranza disposti a tutto pur di campare? E di assurdi conflitti di interesse verso i quali il Paese sembra indifferente?

Questa agonia di un regime fallimentare sta diventando troppo lunga per non destare il legittimo sospetto che un cambio della guardia lasci immutato l’humus sul quale il berlusconismo è cresciuto rigoglioso, con le sue pratiche improprie, le sue collusioni, la sua immoralità di fondo. Paradossalmente il danno causato da Berlusconi è tanto più grande proprio perché sembra mancare un’opposizione forte e determinata, capace di credere in se stessa. E che troppo spesso spaccia per senso di responsabilità la sua debolezza e le sue divisioni interne.

Stamattina all’alba, prima di partire per la Francia e prima che si aprissero i mercati, non ho potuto tacere sulla debolezza di Napolitano che ha concesso ancora troppo tempo al Cavaliere, senza metterlo alle strette: è stato un grave errore e infatti gli spread sono volati e ora pesano per qualche miliardo sui nostri conti pubblici futuri. Non c’era bisogno di un particolare intuito per capire che sarebbe stato un bagno di sangue costringendo il presidente a dire oggi ciò che doveva dire ieri.  E che dovrà dire domani sbarrando il passo a qualsiasi personaggio dovesse dare il sospetto se non la certezza di essere un prestanome di Silvio.

Quando è troppo è troppo. Fatelo per gli spread  se le convinzioni, le idee e l’onestà politica non bastano.

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