Anna Lombroso per il Simplicissimus

Una delle colpe, tra le tante, che attribuisco all’attuale “cultura di governo” è di aver alimentato in molti un vago senso di vergogna per atti e comportamenti non commessi e nemmeno virtualmente condivisi:  si vede che è la moderna forma dell’identità nazionale, il neo patriottismo. Ed anche per aver nutrito in me una profonda diffidenza. Come altri non mi fido dell’incontentabile  che fino all’ultimo istante della sua vita in terra  –  seppur già imbalsamato  – immagino proseguirà il suo immondo e nevrotico lavorio di accumulazione di privilegi, per la remissione dei debiti, per negoziare la  personale amnistia, per arraffare ancora qualcosa per sé e per i suoi famigli.

Io dubito che se ne andrà davvero, resterà il germe patogeno, il suo modello politico e esistenziale. E d’altra parte per una volta ha un vero programma di governo e vuole, con ritrovata onorabilità,  svolgere il suo incarico e completare il suo mandato. Sinteticamente, icasticamente lo ha enunciato: “Appena sarà approvata la legge di stabilità mi dimetterò e, siccome non ci sono altre maggioranze possibili, vedo solo le elezioni all’inizio di febbraio, elezioni a cui non mi candiderò più”

Secondo il suo abituale approccio,  sfacciatamente  ricattatorio,  il presidente magliaro ha condizionato le  sue dimissioni   all’approvazione della nuova manovra, alla quale verrà “allegato”  un maxi-emendamento contenente parte delle misure riportate nel “pizzino” d’intenti inviato la scorsa settimana all’Ue e già condannate a morte   dal commissario
europeo agli affari economici Olli Rehn. Non è lecito avere dubbi sul contenuto del   maxi-emendamento –  come è consuetudine, ad personam – se ci rifacciamo alle eloquenti anticipazioni portate  al Consiglio dei ministri del 24 ottobre:   legge post mortem  sulle successioni dei plutocrati, i dieci o dodici condoni,  la vendita del patrimonio dello Stato.  Come si addice agli allegati spesso più ponderosi dei testi di legge, ci entreranno le norme sulla prescrizione breve e quelle sulle intercettazioni. Ma soprattutto secondo gli intenti congiunti del governo e dell’Ue e la insana cautela ecumenica dell’opposizione, verrà perseguita la più sanguinosa e cruenta macelleria sociale degli ultimi 150 anni, con la cancellazione, in nome della necessità, di diritti,  garanzie già
molto vacillanti, l’effetto fisiologico della tendenza consolidata a una esasperata massimizzazione del profitto  con la conseguenza di una mostruosa esplosione delle diseguaglianze e dell’indebitamento dei nostri già poveri posteri.

È il modo non solo nostrano  di stare dentro a quella illusoria operazione di  salvataggio  a carico degli Stati, senza che però si tocchino minimamente i redditi e il potere della nuova plutocrazia finanziaria. E che al  danno   aggiungono anche la beffa:  banchieri e finanzieri rimproverano duramente noi e i nuovi stati canaglia, quelli meno ubbidienti,  per un indebitamento che è in gran parte dovuto a loro.  Si  in quella operazione di galleggiamento pericolante e probabilmente inutile,  sul mare in tempesta della crisi quelli che la negavano ci stanno dentro,   rispondendo si signore a chi l’ha provocata.  Tanto la priorità è sbrigare le ultime faccende e preparare il dopo. Un dopo che comincerà  durante l’inverno del nostro scontento o in una estate che non sarà radiosa. E dal quale il presidente del consiglio, mai abbastanza ex, non intende farsi escludere. Tanto che forse accelera le  procedure perché a lui e ai suoi si addicono di più le elezioni con lo status quo, con la dimostrativa e provocatoria slealtà nei
confronti degli italiani che hanno firmato per il referendum. In modo da tenere in piedi un sistema che premia l’oligarchia e penalizza la democrazia. Che appaga il caporalato partitico, favorisce i meccanismi di promozione della corruzione, allarga il collocamento di figuri con le mani lorde di illegalità, premia l’affiliazione e la fidelizzazione continuamente ricomprata.

Oggi le sentenze sul calcio ci tranquillizzano, il nuovo che si affaccia sulla scena politica possiede i requisiti imposti dal nostro tempo: non ci può essere  candidato imprenditore credibile senza qualche macchietta sulla fedina, no?  Anche questa è una colpa da addossare ai nostri rappresentanti al governo e diversamente al governo: avere reso l’integrità una qualità talmente rara e non rinnovabile da renderla condizione se non necessaria, certo sufficiente. Sostituto desiderabile a idee, competenze, creatività.  Forse seconda forse solo alla giovinezza: Alfano come Renzi presenterebbero  un vantaggio anagrafico indiscutibile.  Così l’alternativa vede uomini “onesti” di quelli che non sono stati sorpresi con la mani nella marmellata e nemmeno mentre si scambiano bustarelle e non importa se si sono macchiati di misfatti contro l’equità e l’interesse generale, insomma un Parademos  sponsorizzato da chi decide per noi e anche per i governi. Oppure giovanotti attempati, delfini solerti nel garantire continuità. Il voto panettone di Natale, puntuale o no, sarà proprio un’eredità amara e un dolce avvelenato.