La vicenda drammatica e ridicola di Berlusconi che tenta in tutti i modi di non andarsene sta paradossalmente ottenendo un effetto berlusconiano: quello di nasconderci la realtà e di concentrare sull’uscita di scena del cavaliere tutto il peso di una palingenesi del Paese. Così non è, anche se l’establishment di potere, variegato e radicato anche in molta parte del centrosinistra, sta da mesi premendo per venderci questa ennesima illusione.

Sciarpe, maglioncini, zucchetti cardinalizi, sindacalisti bianchi, giovani turchi tempratisi ai quiz di Mike Bongiorno e vecchi saggi con barba bianca, si sono mossi decisi a bloccare qualsiasi iniziativa di cambiamento. Nulla dei privilegi, dell’evasione, dei patrimoni, delle ricchezze opache verrà toccato, ma si prenderanno ancora soldi dal sistema pensionistico che non è affatto in difficoltà, per fare qualcosa per i giovani. Anche se non si sa né cosa, né quanto. Si potrebbe sperare in salario di disoccupazione, come quello che esiste da quarant’anni in tutta Europa, ma temo che si tratterà di briciole perché non andando a cercare i soldi dove ci sono, si va solo a raschiare il fondo del barile. Per non parlare dei licenziamenti facili, delle svendite, della riduzione dei servizi che dentro a una crisi di domanda dell’economia reale non servono a rilanciare nulla, se non a mettere ancora più denaro in tasca al 10% della popolazione.  Keynes direbbe che ci sono o ci fanno. E sbaglierebbe perché entrambe le cose, tristemente, sono vere.

Ma hanno buon gioco, perché in questi giorni è diventata chiara l’impotenza dell’Europa. Lo “scandalo” suscitato dal referendum greco che lasciava al popolo le decisione del suo destino, come di solito accade nelle democrazie, ha chiarito meglio di ogni altra cosa che la Ue, tramite il direttorio Merkel – Sarkozy, autoproclamatosi tale, ha commissariato Atene e Roma, ma è a sua volta commissariata dalla finanza. Hanno puntato sul rigore invece che sullo sviluppo, hanno rifiutato gli eurobond, si sono messi mani e piedi al servizio del liberismo sperando così di salvare almeno se stessi. E infatti anche a Cannes hanno fatto passerella e basta: la tassa sulle transazioni finanziarie è scomparsa così come la stretta contro i paradisi fiscali o i vincoli alle operazioni delle banche e della Borsa. Il primo effetto è stato il default nascosto della Grecia, il secondo, assai più grave, sarà la catastrofe italiana.

Sperare di uscirne fuori con qualche macelleria sociale lasciando intatto il modello paese è una pura illusione perché è evidente che la crisi del debito può essere risolta sole se la Ue  comprende di dover garantire collettivamente il debito pubblico dei Paesi dell’area euro oppure per alcuni di essi si dovrà arrivare o al fallimento o alla ristrutturazione concordata del debito. In questo periodo è in corso una battaglia ideologica tra quelli che aborriscono il default per principio, paventando disastri immani e quelli che, sempre per principio, non vogliono pagare i debiti fatti da altri e finiti in gran parte in poche tasche.

Ma questa contrapposizione ha solo un senso ideologico perché in realtà ci sono tantissime situazione intermedie: per esempio una ristrutturazione del debito che non tocchi i risparmi privati, né i fondi previdenziali, ma faccia l’haircut ai protagonisti della speculazione, banche private in testa, non sarebbe di per sé catastrofica e anzi fornirebbe risorse, sia per pagare il debito, sia per cercare una via di sviluppo.

Però sciarpe, maglioncini, zucchetti e via dicendo, compresa la banda di mentecatti che fa parte del berlusconismo e dintorni, ci  dicono che i fondamentali dell’Italia sono buoni, che non c’è ragione per l’attacco finanziario all’Italia e che quindi paventare l’insolvenza è pura fantascienza.  Purtroppo non è così: i fondamentali intesi come fotografia contabile istantanea non sono male, ma poiché il tasso di interesse medio sul debito è salito costantemente e verrà rinnovato via via a tassi molto più alti del passato, l’Italia diventerà insolvente prima che i nuovi bond a dieci anni siano arrivati a scadenza.

Ma non c’è solo questo: i risparmi assurdi e autolesionisti su scuola e ricerca, la polverizzazione aziendale e la struttura stessa del Paese non danno fiducia. Perché vero che a fronte di 1900 miliardi debito ci sono circa 8600 miliardi di ricchezza dei cittadini. Ma quasi la metà di questo “tesoro” è in mano al 10% delle famiglie. Senza parlare di ciò che c’è all’estero. Un Paese che non cerchi in questa situazione di riequilibrare i redditi recuperando risorse, semplicemente attuando la fiscalità che esiste in tutto il mondo, non ha molte chances di essere solvibile alla lunga.

Quindi aspettiamo col cuore in gola che il clown sparisca, ma purtroppo ci sono pochissime speranze che vada via anche il circo: vedremo all’opera trapezisti e domatori. E mentre Sarkozy e Merkel daranno l’addio ai propri troni, noi continueremo a fare sacrifici formalmente per ubbidire a un’Europa che non c’è più, ma soprattutto ad alimentare la più iniqua delle società occidentali. Perciò quando leggo che l’Italia s’è desta, non vorrei che a dirlo fosse i soliti anestesisti.