Viviamo dentro un miraggio: la favola berlusconiana si è talmente degradata che la realtà ha fatto irruzione a valanga attraverso la cartapesta del regime mediatico. Ma non ancora abbastanza da perdere i contorni sfumati e ambigui del dormiveglia politico: la figura di Berlusconi è ormai talmente screditata, persino talmente odiosa che la sua caduta è vista come una liberazione da tutti i mali.

E certo non si può dare torto a questa, chiamala se vuoi emozione. Ma bisogna guardarsi le spalle e riprendersi l’intelletto rubato dagli slogan, dalla barbarie e rozzezza di troppi anni, non farsi ingannare, soprattutto da chi chiede la testa del premier con l’unica prospettiva di salvare lo statu quo ante, cioè il berlusconismo nelle sue forme economiche, politiche, cognitive e direi anche, rispolverando un termine sepolto sotto tonnellate di storia, esistenziali.

Ogni giorno si colgono i segni di questa decostruzione civile. E stamattina mi ha colpito il piacere con cui è stato accolto il battibecco a Ballarò tra Lupi, il fastidioso berlusconario vivente e Luigi Abete. Certo che qualcuno gliele canti a questi tronfi e sfacciati bugiardi non può che rallegrare lo spirito. Ma mi allarma che lo faccia il banchiere Abete, l’ex presidente di Confindustria Abete, l’animatore di Aspen Italia, Abete, l’uomo che ha un rinvio a giudizio per usura bancaria. Davvero ci aspettiamo la liberazione da lui? E così mi hanno colpito le posizioni di alcuni conoscenti allarmati per il referendum greco che potrebbe portare a qualche esborso in più. Sono quasi sempre le stesse persone che si lamentano della poca disponibilità della Germania ad aiutarci se non dietro ferree garanzie. Europeismo a corrente alternata.

Per tutto questo diffido del “senso di responsabilità” delle opposizioni pronte ad un’uscita di scena del Cavaliere con un governo tecnico di Mario Monti (presidente europeo della Trilateral, animatore di Brueghel, un centro di elaborazione di idee finanziato da 16 Paesi e 28 multinazionali, nonché membro del comitato direttivo del gruppo Bilderberg) oppure con un governo di emergenza, ma più politico guidato da Giuliano Amato. Sarebbe davvero così responsabile arrendersi all’irresponsabilità di chi ha venduto in Europa misure prive di senso come quelle sulle pensioni e sull’articolo 18, senza nemmeno prendere in considerazione i veri problemi dell’Italia che sono molti e del tutto diversi da questo?

Ho un altro concetto della responsabilità, meno facile e meno scontato del rischio di impopolarità che si pone il ceto politico. La responsabilità delle idee e delle concezioni politiche, la voglia di mettere mano alle trasformazioni necessarie per risollevare davvero il Paese e non soltanto per tappare i buchi. Non quella di spremere soldi ai soliti noti procurandosi da soli un ulteriore calo di pil, non quella delirante di voler sfasciare i diritti del lavoro per avvicinare i cosiddetti garantiti ai non garantiti che è una delle più grottesche e vacue applicazioni del pollo di Trilussa, non certo quella  di non mettere nemmeno sul tavolo qualcosa che persino l’Europa ci chiede: il salario di disoccupazione. Qualcosa che non si vuole perché  turberebbe gli “equilibri” del lavoro nero e toglierebbe dalle delicate mani delle persone come Marcegaglia e Marchionne l’arma del ricatto.

No francamente non vedo alcuna forma di responsabilità nell’accantonare questi temi, piegandosi ancora una volta all’emergenza e ai dettati del Berlusconi caduto e allo spirito del neoliberismo. Così se il prossimo slogan elettorale della Spd tedesca sarà con tutta probabilità “Addomesticare il Capitalismo”, frase tratta da Habermas, con quale slogan si darà una speranza all’Italia?

Aspetto questa presa di responsabilità.