Una cosa oggi la possiamo dare per sicura: l’antipatia dell’Europa per le consultazioni popolari. Quella dei mercati è ovviamente scontata, ma quella del variabile direttorio europeo, così netta e così infastidita, è in fondo una plateale confessione di inesistenza politica della Ue e della sua natura esclusivamente mercatistica e finanziaria.
Le reazioni all’annuncio dato da Papandreu di un referendum sulle condizioni poste alla Grecia per gli aiuti Europei parlano meglio di mille documenti: viene deprecato il fatto che le decisioni possano essere prese al di fuori dei vertici dove è massima l’attenzione per i disagi bancari e minima, anzi nulla quella per i sacrifici delle popolazioni.
Come osa la Grecia mettere in forse l’aiuto che salverà le nostre belle banche cromate e imporrà sacrifici durissimi ai greci per almeno due generazioni? Come si osa chiamare il popolo a pronunciarsi su decisioni che lo riguardano direttamente col pericolo che esso comprenda bene come, perché e a vantaggio di chi vanno certi amorevoli aiuti? O che comprenda che anche il debitore ha un potere da mettere in gioco?
Già il ricorso ai referendum è diventato spiacevole per la UE quando esso ha messo in panne quella specie di regolamento aziendale che era la costituzione europea, adesso poi si sta decisamente esagerando rifiutando totalmente ogni decisione popolare sugli accordi finanziari tra primi ministri, Bce e banche.
Non riesco a capire per quale motivo i greci non possano scegliere direttamente tra il default controllato che certo non è tutto rose e fiori, ma con la prospettiva di un nuovo inizio e invece sacrifici durissimi per almeno una generazione che tuttavia non è detto assolutamente che sortiscano l’effetto voluto: anzi come molti economisti pensano, proprio questa formula porterà una nuova ondata di recessione e dunque al fallimento, solo dopo anni e anni di macelleria sociale che serviranno ai creditori, cioè alle banche per rimpannucciarsi.
Ma la fine della costruzione europea non sta certo nel fatto che la Grecia rimanga o meno nell’area euro, ma proprio in questa assenza totale non solo di politica, ma persino di democrazia in senso sostanziale. Il popoli non sono piccoli azionisti rompicoglioni che la Bce non vuole alle assemblee. E se non si capisce questo e anche alla svelta, la Ue non avrà più senso.
Sarkozy e Merkel con le loro esternazioni a caldo dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, che la dirigenza europea non conosce il significato della parola “DEMOCRAZIA”. Come ci si può irritare di una scelta democratica?
Nutro dubbi che la dittatura Europea permetta lo svolgimento del referendum. In ogni caso, dalle ceneri di quest’Europa, “Il dolce mostro di Bruxelles o L’Europa sotto tutela” dal titolo del libro dell’austriaco Hans Magnus Enzensberger (io l’ho comprato in Francia spero sia uscito anche in Italia) insieme al libro “La Dittatura Europea” di Ida Magli, che invito a leggere, ci auguriamo possa presto risorgerne un’altra rispettosa dei diritti dei popoli sovrani.
ben detto! E bravi i greci. Mi pare l’unica cosa giusta che abbia fatto il governo e tutti quanti faranno bene ad imparare la lezione: popoli e banchieri. Era ora che qualcun altro gli mostrasse il medio. I precedenti non mancano (Messico, Ecuador, Islanda, persino il Burkina Faso… a proposito: http://www.facebook.com/video/video.php?v=1259648619930)