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La pioggia di irresponsabilità crea le tragedie

Non passa giorno che il mio pessimismo non metta radici più salde, che dispero sulla possibilità di questo Paese di farcela. Piove per un giorno, pioggia battente, ma di quelle che vedevo anche da bambino e che mi sono anche preso pure ieri e  una regione, un città, mezzo Paese si allagano, cadono ponti, crollano case, l’acqua si porta via tutto, muoiono persone. E Napolitano dice è il “doloroso tributo a cambiamenti climatici” .

Ora va bene che ci sono eventi più estremi, ma le piogge che hanno colpito Roma l’altro giorno e la Liguria ieri, non erano cicloni, bufere, tempeste, erano acqua che dio la manda durata qualche ora, dodici al massimo. E questo non c’entra proprio nulla col cambiamento climatico. C’entra invece con la poca cura dell’ambiente, con il saccheggio dei fiumi, con i sindaci che fanno costruire sull’argine, con una manutenzione sempre più disattenta delle strutture, con la deforestazione, con la cattiva amministrazione, con la devastazione di ciò che ci circonda. Con la noncuranza dei beni comuni e l’occhiuta attenzione ai propri interessi.

Vogliamo giocare a nascondercelo come se non avessimo mai visto un temporale? Come se non sapessimo che ogni anno per molti luoghi è come la roulette russa:  se si scampa  presto il problema viene dimenticato e accantonato come se fosse del tutto marginale. Leggendo le dichiarazioni dei sindaci e delle autorità, sempre con l’A maiuscola, mi raccomando, si evince proprio questa filosofia generale: gli altri anni ce la siamo cavata, questa volta no.

Eppure sembra che non ci sia altro modo di affrontare la questione che non fare nulla, enunciare il problema, metterlo da parte e sperare che non piova forte per sei ore consecutive o 12 a seconda delle zone. Cosa che invece prima o poi accade, cambiamento climatico e meno. Certo ci sono anche gli eventi davvero eccezionali, ma 45 anni fa dovette piovere a dosi di 100 millimetri di acqua al giorno per otto giorni consecutivi su tutto il bacino dell’Arno, con una punta di 200 millimmetri il 4 novembre del ’66 per provocare l’alluvione di Firenze e forse non sarebbe bastato senza l’incauta apertura delle dighe dell’Enel e un improvviso rialzo della temperatura che determinò lo scioglimento dell neve sull’Appennino. Adesso bastano 70 millimetri in una mattinata per paralizzare la capitale e poco più per avere una tragedia altrove.

Ecco questo si che è cambiato:  a fine ottobre non c’è più gran neve sull’ alto appennino ed è l’unica cosa che effettivamente riguarda il clima in queste tragedie. Il resto è la bufera di irresponsabilità, di distrazione e di affari che da troppo tempo ci ha investito.

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