Frattini, forse su suggerimento di Lavitola, dice: “E’ una grande vittoria del popolo libico”. Purtroppo è lo stesso Frattini che ha fatto da maestro di indecorose cerimonie quando Berlusconi voleva compiacere a tutti i costi Gheddafi per mandare in porto gli affari personali e del suo entourage. Ricordiamo tutti la Roma trasformata in accampamento, il bacio, gli spettacoli equestri, le escort col Corano.

E’ sempre lo stesso Frattini che poco più di un anno fa dichiarava:   “Chi non capisce l’importanza di questa alleanza è prigioniero del passato. Noi guardiamo al futuro”. Ed è  disgraziatamente lo stesso Frattini che più o meno nello stesso periodo prese le difese del colonnello contro la Svizzera per la vicenda teppistica del figlio Hannibal  e l’ inserimento di 188 cittadini libici in una black list. Il tiranno libico minacciò di sospendere  i visti per tutti i cittadini dell’area Schengen e Frattini accorso in difesa dell’amico del padrone sostenne che la “Svizzera  prendeva in ostaggio l’Europa”. Di fatto da quel momento in poi il nostro ministro degli esteri agirà come difensore della Libia, quasi fosse ministro del governo di Tripoli.

Si è lo stesso Frattini che nel giro di due anni è passato da essere pronubo del bacio di mano del Cavaliere, a compiacersi per la scomparsa e l’uccisione di Gheddafi. Non prima però di aver condotto, assieme a Berlusconi, la pace e la guerra in modo così ambiguo e inaffidabile sia per la Nato e i ribelli che per Gheddafi, da aver praticamente marginalizzato l’Italia nei rapporti con il vicino africano. Né buona fede, né cinismo, né principi, solo una letale mistura di interessi personali, affari, dilettantismo, incompetenza che appaiono nel loro splendore anche nell’affare Lavitola.

Il tutto dentro la gabbana che oscenamente si volta e si rivolta per la vergogna.