Una marea di italiani era convinta che il privilegio di avere Berlusconi fosse gratuito. E molti lo credono ancora. Ma sono ingenue illusioni: la qualità si paga e avere un presidente del consiglio che se ne fa otto a notte, implica una spesa non indifferente. Secondo Nouriel Roubini, noto economista, ora docente alla NYU, studioso di crisi finanziarie e consulente economico di Clinton, la sola permanenza di Silvio al governo può essere calcolata dai 50 ai 100 punti di spread, quindi dallo 0,5 all’ 1% del pil, da 8 a 16 miliardi nell’arco di 7-8 anni.

Questo senza contare le conseguenze del declassamento sul sistema bancario, che comporta costi più alti e che fatalmente si riverbererà sui muti e su tutte le operazioni dei disgraziati clienti. Il calcolo in questo caso è più difficile, ma segue in qualche modo l’andamento degli spread e quindi possiamo ipotizzare quanto meno da 10 a 20  miliardi. Infine c’è il costo degli appalti concessi per poter avere nella propria disponibilità la patonza, ma qui parliamo proprio di spiccioli, milioncini.

Quindi senza nemmeno sfiorare il tema politico dei costi giganteschi del sistema berlusconiano, il privilegio di avere Silvio ci costa da 6 a 12 volte il suo patrimonio. Poichè si mormora che pesi 76 chili il suo valore in oro mentre sto scrivendo è di quasi 137 milioni: anche a venderlo ci si ricaverebbe solo una miseria.   Certo  c’e anche la lavorazione, gli intarsi di silicone e l’impiantistica idraulica: potremmo arrivare anche spuntare 138 milioni, ma è sempre una cifra almeno 100 volte il suo costo.

Si, la qualità si paga molto più che a peso d’oro e a meno che qualche Paese non ci offra una cifra stratosferica per penderselo come governante, non c’è modo di andar pari con i costi. Se ne fa anche 8 per notte, ma ci costa come 180 milioni di amplessi mercenari, qualcosa che l’intera famiglia Rossi non avrebbe potuto fare dalla nascita dell’homo sapiens, 8 a testa per l’intera popolazione maschile italiana in età riproduttiva.  Confessiamolo pure, abbiamo preso una fregatura, di quelle clamorose che si rischiano con le televendite.