Così Papa va in galera. E forse per Papi è il colpo più duro, quello che anche per lui suona inequivocabile come la campana dell’ultimo giro. Non sono state le monetine del Rapahel, è bastato che si sentisse il tintinnio degli spiccioli ancora nelle tasche dell’opinione pubblica perché la Lega si ritirasse dalla prima linea, nonostante i legami alcuni ovvi, altri in penombra con Silvio. Si quel tintinnio è stato anche il prepensionamento per Bossi.

Ed è una singolare coincidenza che il più duro a deprecare il sì del Parlamento all’arresto sia stato proprio Cicchitto, che 18 anni fa fu il più granitico e aggressivo difensore di Craxi, salvato dal Parlamento, ma abbattuto da una tempesta popolare. Tutto sembra concorrere ad esprimere simbolicamente la fine di una parabola.

E tuttavia… Il giorno dopo quella fatale sera del 29 aprile 1993, Galli della Loggia in un editoriale scrisse  “E’ ormai chiaro che sulla scena pubblica italiana esiste un nocciolo duro di malaffare politico..” Eppure lo stesso editorialista è stato successivamente per molti anni un berlusconiano di ferro e velluto, nonostante il Cavaliere incarnasse esattamente quel nocciolo duro di cui peraltro anche allora faceva parte: sulla terrazza del Raphael c’era anche Silvio quella sera, entrato dall’ingresso secondario, quasi a stabilire una successione, ama anche a cavalcare l’indignazione per ottenerla.

Allora come oggi la gente era incazzata, c’era stata la terribile crisi del ’92, la stangata di Amato, c’erano magistrati che stavano per la prima volta scavando dentro il vaso di Pandora della Repubblica, c’erano applausi e cappi che giravano, magliette inneggianti a Di Pietro, sembrava di essere sulla soglia di un mondo nuovo. Ma alla fine non successe nulla. Anzi qualcosa successe: che la società italiana fu presa dalla paura del cambiamento e alla fine dette il potere proprio a quelli che ne rappresentavano la degenerazione.

E così abbiamo attraversato 18 anni di immutabilità e di declino perché era allora che il Paese avrebbe dovuto trovare la forza di emanciparsi da qualcuno dei suoi vizi e tentare di diventare una società più europea. Invece fini per accettare lucidamente le false novità e un quieto vivere evidente dietro vacue e contraddittorie.

Si qualcosa successe: che l’immobilismo e il dominio delle caste di potere e delle corporazioni, delle abitudini e delle prassi opache, del cortocircuito tra politica e affari, ha dovuto man mano restringere la democrazia per fare spazio alla sua menzogna radicale travestita da speranza.

Ora purtroppo siamo nella stessa situazione, solo peggiorata dal degradarsi del sistema produttivo, dalle difficoltà della globalizzazione, dal debito pubblico arrivato ormai a livelli stratosferici. E dal fatto che le tutele del welfare sono state aggredite nonostante esse siano di gran lunga inferiore a quelle del resto d’Europa. Il pericolo è che come allora la rabbia venga in qualche modo incanalata verso qualche altro personaggio, non direttamente collegabile alla politica politicante del berlusconismo, ma ben deciso a mantenerne i presupposti e la mentalità e lo schema di potere.

Un altro vecchissimo e sgamato “homo novus” che dia un vernice di novità all’ennesima operazione gattopardesca.  Qualcuno è già in campo, sporge la testa fra le quinte: la rabbia informe e l’incapacità dell’opposizione di uscire fuori dalle sue alchimie interne e dalle sue logiche di apparato, saranno un grande alleato. A noi rimangono gli spiccioli in tasca, purtroppo questa volta letteralmente gli spiccioli: questa volta bisogna stare attenti a non sciuparli in modo scomposto: c’è chi è pronto a raccoglierli e farsene pure il pour boire. Questa volta bisogna prendere bene la mira.