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Le urla e il silenzio: la regia del potere

Monika ha un figlio ed è disoccupata. Ma attorno a lei come all’Alice  della canzone il mondo gira senza fretta . Dalla sua casa popolare di 70 metri quadri a poche centinaia di metri dalla Sudschnellweg, una delle tangenziali di Hannover, vede il Maschsee, la zona più in della città.   Fino a sette mesi fa lavorava come commessa in una pasticceria e guadagnava al netto 1628 euro con cui poteva cavarsela visto che come madre sola lo Stato le passava 350 euro più il pagamento integrale delle bollette e un contributo per l’affitto. Poi i vecchi proprietari del negozio si sono ritirati e lei si è ritrovata senza lavoro.

Una situazione che sarebbe angosciante da noi. Ma non lì: oggi Monika prende un sussidio di disoccupazione di circa 1400 euro fino a quando non troverà un altro lavoro e ritornerà a percepirlo se dovesse di nuovo perderlo. Questo fino alla pensione. E naturalmente senza perdere gli altri benefici.

Tuttavia ciò che è normale in Germania, in Olanda, in Belgio, in Francia, Inghilterra, nei Paesi scandinavi con sistemi e modalità diversi, che tuttavia configurano un welfare robusto, da noi non soltanto è impossibile, è anche del tutto sconosciuto. Nessuno si prende la briga di informarci del fatto che le nostre tutele sociali sono risibili rispetto al resto d’Europa. Probabilmente se i giornali invece di informarci tutti i giorni della spesa con l’auto blu della moglie, amante, cugina dell’onorevole, ci dicessero queste cose, la rabbia futile e miope si trasformerebbe in ira che invece ci vede benissimo.

Ma certo l’establishment di potere questo non lo vuole, non vuole far scoprire agli italiani che in realtà vivono in nordafrica, meglio deviare il malcontento verso obiettivi più facili, più immediati, meno pericolosi e privi di una sostanza politica.  Il 12 luglio scorso Alex Hammerli, ha intervistato l’inviato della Suddeutsche Zeitung in Italia, Dietmar Polaczek e vale la pena riprendere domanda e risposta:

Italien wird also kein zweites Griechenland?
Nein. Die Italiener sind zu sehr gewohnt zu leiden.

L’Italia sarà una seconda Grecia?
No. Gli italiani sono troppo abituati alla sofferenza.

Certo ci siamo abituati, anche perché non sappiamo nulla di quanto avviene altrove. Non ce lo hanno detto e lo abbiamo trascurato perché in fondo abbiamo sempre preferito arrangiarci con i meccanismi del familismo, delle caste, dei santi in paradiso. E ancora adesso, con la prospettiva di anni di drammatica macelleria sociale, l’establishment  ha trovato modo di oscurare diritti e aspirazioni reali, dandoci come surrogato l’idea che non si può e non si deve chiedere altro se non che altri siano privati dei loro privilegi, in particolare la casta politica. Sacrosanto, certo, ma alla fine inutile. Non chiediamo di migliorare la nostra vita, ma che altri non ne facciano una migliore.

Forse anni e anni di persuasione occulta e di negazione della verità fattuale che esiste a dispetto di Vattimo, ci hanno convinto che non ce lo possiamo permettere. E dire che con 420 miliardi di evasione ed elusione annua, riversati in poche tasche, potremmo avere tranquillamente le tutele tedesche o inglesi o francesi, fare dell’edilizia popolare decente e una sanità corretta nella quale non bisogna conoscere nessuno per avere subito l’esame. Potremmo averlo anche solo recuperando un terzo di quello che viene sottratto allo Stato e che si traduce poi in tassazioni onerose per chi non può svicolare. E chi ha dubbi può leggersi questa intervista dello Spiegel a un esperto di finanza,  Hans-Peter Burghof (qui)

Nel fondo di ognuno forse si nasconde l’aspirazione a far parte di una qualche casta, piuttosto che quella di essere cittadini e di combattere per i propri diritti. Ed è forse per questo che siamo sensibili ai privilegi di altri, ai quali probabilmente aspiriamo.  Purtroppo il privilegio della democrazia non ci piace abbastanza.

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