In questa lunga e tormentata vigilia referendaria, i nuclearisti hanno una parola tabù. E non è rischio, cancro, scorie su cui continuano perversamente a giocare: è Germania. Perché di fronte all’abbandono del nucleare da parte della prima potenza industriale europea, la quarta del mondo e la prima in quanto a export, proprio non sanno che dire. Il loro infuso che mescola un po’ di futuro, un po’ di paura per il petrolio a scadenza, un po’ di allettamenti sulle bollette, non funziona più.
Se il nucleare ha tanti vantaggi com’è che lo si abbandona? E naturalmente la Germania è solo il momento più evidente del declino mondiale di una tecnologia troppo rischiosa e troppo costosa per essere messa in concorrenza con le rinnovabili i cui progressi sono evidenti e le cui potenzialità grandissime. Persino i francesi vorrebbero ora abbandonare l’atomo.
Infatti la sfida tedesca consiste di un no al nucleare dovuto a un rifiuto sempre più netto della popolazione che rischia di travolgere la Merkel e la destra, ma in gran parte anche dalla volontà di misurarsi con tecnologie nuove, di diventare i leader mondiali dell’energia pulita. Tutta una rete di ricercatori e di intellettuali, nel corso di un decennale dibattito pubblico ha individuato in questo il futuro economico del Paese e l’ha imposta mano mano come Wissenschaftslehre.
Che questo sia accaduto in Germania non stupisce: per quanto sembri impossibile, dal 1914 al 1946 il Paese per via delle guerre, delle crisi, dell’iperinflazione, praticamente non poteva disporre che di modeste quantità di petrolio e si dovettero inventare tecnologie nuove per ricavare carburanti dal carbone: i procedimenti di idrogenazione davano come risultato una benzina sintetica, più costosa di quella di origine petrolifera, ma paradossalmente più pulita. Insomma le trasformazioni tecnologiche non spaventano e anzi in un certo senso appassionano.
Mi sono dilungato per sottolineare le differenze con questa Italia sofferente, ferma, neghittosa, vittima di cricche, del cortocircuito politica-affari, sottoposta all’autocrazia di un anziano irresponsabile come un bimbo e rancoroso come un vecchio. Questa Italia dove scienziati ottuagenari e un po’ svaniti consigliano il nucleare come fossimo sessant’anni fa, altri tacciono per fedeltà accademiche, personaggi del sottobosco manovrano timorosi di perdere i loro generosi emolumenti e altri aspettano la loro fetta di bottino. Tutto questo è un furto di futuro, altro che essere contro la scienza, altro che essere razionali: è solo essere indietro.
Il si di domenica e lunedì non servirà solo a liberarsi dell’incubo del nucleare, a dare un’altra spallata al regime e ai piccoli regimi dentro l’opposizione. Sarà un sì anche per la ricerca, per un nuovo tempo della conoscenza. Per una scienza più gentile.
Ho letto un articolo nel quale i Verdi avvertono che La cricca delle fratrie qualora il si sul nucleare vincesse ha già predisposto il piano B per quanto attiene i minireattori. L’affare sull’energia è evidentemente quello del secolo:ipotecare l’ambiente in nome di uno sviluppo energetico straccione,poichè i soldi sono soldi e pur di farli si svende il territorio. Figurarsi chi si frega della ricerca:davanti a un bel piatto fumante di maccheroni Pulcinella sarebbe disposto a vendersi anche l’anima.Ma nella patria di Pulcinella tutto è possibile in quanto altrove questo governo con il suo Maestro data la venerabile età sarebbe a casa da un pezzo, dichiarato incapace d’intendere… Intendere e farsi carico dei problemi di una Nazione smembrata da ndrangheta, camorra e mafia,che ha fatto dell’illegalità il suo vessillo, continuando a decimare la migliore gioventù non offrendogli spazi. E’ di spazi bloccati infatti che si tratta e alla fine avendo chiusa ogni via di fuga, resi proni i propri fiancheggiatori, vanno dritto per la loro strada senza che nessuno li fermi. La vittoria dei referendum metterebbe un punto per far recedere questa gente dai loro perversi pensieri dalle loro oscure trame.