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La ribellione della pancia

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si sono contenta, con qualche cautela. I cinghialoni feriti e ricchi anche dopo la fucilata possono nuocere: comincia l’esame dell’infame omnibus con l’intento di svuotare di significato e forza i referendum, possiamo già ipotizzare le varie forme intimidatorie che assumerà la propaganda del cavaliere mai abbastanza dimezzato con le profezie di moschee e br nelle procure, maggioranze nauseabonde per l’aleggiare di mefitici afrori comunisti.
Ha ragione il Simplicissimus, la scadenza referendaria è decisiva per misurare il grado di risveglio dal letargo indotto negli italiani, la capacità sia pure non tempestiva di comprenderne la potenza da parte di una opposizione impigrita, la reattività di fronte al tentativo di teleguidare le nostre opinioni mediante manipolazioni della verità, della tecnica, della scienza.

Questo regime che boccheggia oscenamente ha infinite colpe. Una delle più empie è certamente avere provocato disaffezione e sfiducia nelle istituzioni e disamore per la democrazia, sostituendo il civile contrattualismo tra governanti e governati con un ridicolo patto patacca sottoscritto da una inaffidabile parte sola in TV. Segnando la fine dei limiti all’autonomia e all’invasività del politico dalle altre sfere sociali, da quella morale a quella economica. Stravolgendo e annientando conquiste della modernità: democrazia rappresentativa, parlamentarsimo, universalità dei diritti, principio di legalità come condizione di legittimazione del potere. Elargendoci la cittadinanza in un villaggio globale spaccato da disuguagliante abissali, grazie a un meccanismo perverso nel quale le distanze sociali sono inversamente proporzionali a quelle spazio temporali. E quanto più si riducono le seconde appiattite dalla spettacolarizzazione e dalla narrazione mediatica, tanto più le prime diventane invalicabili. All’erosione dello spazio sociale corrispondono un’esclusione e un allontanamento più o meno volontario dai processi decisionali e dai luoghi della politica imbarbariti dalla perdita di credibilità della rappresentanza.

Che spiega il successo di quei fenomeni elettorali che vengono variamente chiamati ora “organizzazione della diffidenza” ora “aggregazione del rancore” ora 5 stelle e così via… fenomeni che la Lega pensava di possedere e governare saldamente, finchè non si è scoperto che gli italiani alla scorciatoie illegali del dream meneghino di Berlusconi o al populismo gretto e inclusivo di Maroni preferiscono altre soluzioni. Il Paese ha molti problemi, probabilmente i più gravi nella sua storia perchè ad essi non sembrava corrispondere una spinta morale altrettanto potente alla ricostruzione di un tessuto civile e morale, certo gli farebbe comodo il Wolf di Tarantino, ma ha smesso di credere a chi non mantiene le sue promesse. E molto pragmaticamente sembra desiderare qualcuno che ritiene si possa ragionare insieme per trovare delle soluzioni, che, spesso avviene in situazioni complesse, possono essere semplici se ispirate a principi di equità, legalità, solidarietà.

In questo senso ha fallito la politica della Lega, che aveva mostrato la corda in quel campione esemplare del disastro non del tutto naturale verificatasi in una delle sue pingui province, quel vicentino disamorato dell’abbaiare promesse fondate sul risentimento e la rivincita. E ha invece mostrato l’efficacia della campagna elettorale condotta dalla più alta carica, che fortunatamente ha cominciato a esuberare nei territori inesplorati del buonsenso.

Le innumerevoli aree di crisi che macchiano la geografia sociale del Paese mostrano che certamente c’è una stanchezza per i toni e i modi sguaiati e violenti, un malessere per la prepotenza e la sopraffazione di una classe politica inetta e interessata solo al proprio interesse, un malcontento per una “cultura di governo” improntata a un dinamismo arruffone che alza una polvere dietro alla quale si consumano atti illegali, delitti contro i diritti, soprusi.
Ma mostra anche che c’è un bisogno di moralità più maturo che oltrepassa le aule giudiziarie e le inchieste, le intercettazioni e lo sdegno per l’onta recata alle donne, per diventare una esigenza dichiarata tramite il voto, di competenza, professionalità, progettualità, conoscenza dei problemi, ascolto del bisogni. Attività sconosciute all’attuale governo e alle quali è necessario richiamare l’opposizione, narcotizzata da anni di deriva verso un moderatismo così vuoto di principi, così scarso di tensione morale, da rasentare la piatta mediocrità e l’impotenza, colpevoli di questi tempi quanto il perpetrare il crimine di cattivo governo.

Oggi più che mai consiglio di guardarsi dai commentatori, uno dei quali esulta perché è finito il “sogno berlusconiano”. Non era un sogno era un incubo e comunque sembra chiaro che pur nel vitale bisogno di utopia, gli italiani hanno rivendicato un po’ di realtà.

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