L’altro giorno quando ho letto su L’Espresso la questione del falso Raffaello preso per vero e del ritrovamento dell’originale, mi sono chiesto se a volte non sia meglio un certo oblio. Non vorrei che si ritrovasse un manoscritto di Proust in cui il protagonista intinge una brioscina invece della madeleine e magari un originale di Tolstoj in cui Anna Karenina  ha incontri segreti con qualche bel ami dell’ Odesskii Listok .

Perché a me che non sono un cultore dell’ arte e quantomeno non ho alcuna preparazione sistematica, il falso Raffaello piace più dell’originale. Naturalmente non ho la più pallida idea quale delle due “opere” potesse essere  più interessante nel Cinquecento, ma al mio sguardo di abitante del novecento con un breve epilogo nel terzo millennio, il falso mi appare più “giusto”. E credo di aver compreso la ragione: l’abitudine alla fotografia, sia quella propriamente detta, sia quella più ampia della cinematografia: l’originale è un po’ sovraesposto, mentre il falso è leggermente sottoesposto, un po’ più scuro, ma più denso, definiti, con anche i particolari delle nubi. il falso insomma è una buona foto, mentre l’originale (che naturalmente contiene l’invenzione decisiva della composizione) sembra fatto con una macchina digitale di quelle totalmente automatiche.

E’ in fondo lo stesso motivo per il quale Caravaggio è stato riscoperto solo nel XX secolo dopo 300 anni di oblio, divenendo a sua volta, insieme ad Artemisia  il padre della fotografia.

E’ anche il motivo per cui proprio non riesco ad essere moderno in senso politico, come invece mi viene suggerito da amici e nemici: è sempre una questione di fotografia, non mi piacciono gli scatti con le digitali di pessima qualità.