E’ davvero straordinario il senso di alienazione che ci pervade, la solitudine che deriva dall’impossibilità di agire sulla realtà, la deprivazione di senso che ci angoscia nel momento in cui idee, orizzonti, passione e persino l’agire,  finiscono nel banale carrello delle opinioni.

Anche questa è mercificazione, sfruttabile sul piano economico, ma ancora di più sul piano politico dove  l’isolamento tra il sé e il reale diventa un gioco d’azzardo dove il banco finisce per vincere sempre. Ma questa condizione che è ormai quasi naturale, ci fa allontanare tutti dal senso di responsabilità e diventa anche un’alibi per il potere, anzi per i poteri che ne possono approfittare per dribblare la cattiva coscienza.

A leggere oggi gli allarmi di Confindustria sulle misure di crescita del governo, peraltro solo cartacee, sembra di stare dentro un universo mitologico dove ciò che accade pare non avere alcuna relazione con i protagonisti e le loro azioni.: l’azionista di maggioranza dell’economia italiana, pare l’Ananke, il fato che domina uomini e dei situati metà sulla terra per metà nei paradisi fiscali.

Non voglio soffermarmi sul solito tentativo di scaricare sulla parte povera del Paese il risanamento delle finanze pubbliche, senza però toccare i ricchi appalti di lor signori: è fin troppo scontato, così come è scontata la simpatia governativa verso questo approccio. No, mi riferisco a una frase del direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli: “in un contesto reso difficile dalle conseguenze della crisi finanziaria globale e dalla perdita di competitività accumulata nel nostro Paese”.

Ora vedete che questa perdita di competitività, sembra qualcosa che fa parte di un destino, di una realtà che non ha nulla a che fare con la volontà umana, un qualcosa decretato dal fato. E invece come è ben noto essa è dovuta in primo luogo e per gran parte al mancato investimento in prodotto e processo di prodotto delle nostre industrie e per quota parte all’inazione, incapacità e corruzione dei governi appoggiati entusiasticamente dalle stesse.

Certo i mea culpa sono usuali solo da un certo reddito in giù, ma francamente questo voler rinnegare totalmente le proprie responsabilità, annegandole in un dato di fatto senza perché, è perfettamente in linea con lo stato comatoso del Paese. Con la sua ipocrisia e con la sua mancanza di eticità, perché i mancanti investimenti si sono tradotti esclusivamente in ricchezza privata e in quell’eccesso di finanza che poi fa innescato la crisi.

Si diceva e dicono meno Stato e più mercato. Ma in realtà l’intenzione è diversa: fare mercato dello Stato.