Roberta Corradini per il Simplicissimus

Si dice “essere a cavallo” per intendere l’essere sicuri di raggiungere il proprio obiettivo, avendo superato le maggiori difficoltà: sarà per questo che alcuni cavalieri girano con un sorriso alla vaselina stampato sulla faccia?

Alla faccia di chi, invece, pensa “campa cavallo che l’erba cresce”.

Tra tanti cavalli, quello che più stimola certi cavalieri – che nulla di gentiluomo hanno – è quello di Troia, più per un’attrattiva viziosa che per uno scopo (con l’accento fonico acuto!) tattico.

Qualcuno, vista l’altezza del fantino e il cavallo basso per i pantaloni spesso calati, ha pensato che possa essere utile un cavallino, bello rampante su sfondo giallo.

Quale mossa del cavallo escogiterà il nostro cavallerizzo?

Farà ergere cavalli di Frisia dai numerosi stallieri (quelli non Mangano mai…)?

Gli verrà una febbre da cavallo?

Se è superstizioso magari si servirà di un ferro di cavallo.

O forse verrà disarcionato e proseguirà col cavallo di san Francesco.

Dalla maledizione di Montezuma alla calamità di Montezemolo?

E dove verrà sistemato questo presente, questo caval donato? Destra, sinistra, sopra, sotto, centro? Mai fidarsi di certi cavallai, sono volubili alcuni garzoni di stalla, capricciosi come cavalli.

Eppure lo dovrebbe sapere un cavaliere che un cavallo è pericoloso in entrambe le estremità e scomodo nel mezzo.