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Schiff macht frei: le navi lager di Silvio

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ma si ci metterà anche meno di 60 ore, come ha anticipato nel promo della vergogna nel trailer della disfatta della civiltà e dell’umanità. E nella catastrofe della politica vinta nell’ignominia dalla propaganda becera e dall’inazione. Che ci vuole, li carica su sei navi che forse nemmeno iniziano un vagabondaggio in acque internazionali, forse li tiene là al largo in sei galere galleggianti. È un iniziatore del peggio e così inaugura i lager marini di un Exodus senza meta e senza speranza.

È questo il piano del governo per l’immigrazione. Più semplice di così si muore. E infatti pare che abbiano già cominciato a morire nella prova generale di questo naufragio della politica e della ragione ancora più invisibili di come li vogliono ministri che invece di affrontare i problemi di un Paese che si è messo fuori dal contesto internazionale, dalla modernità, da un lavoro degno e garantito, da una istruzione promossa e valorizzata, proprio ieri stavano là come statuine d’avorio immote a votare senza pudore un’infamia perpetrata contro il Paese, la legalità e le istituzioni, per salvare un immondo tirannello dalla galera.
Non ricordo bene come siano stata definite la proposte portate a Tunisi in viaggio premio dei ministri laureati in inadeguatezza peracottara. Forse Maroni, del quale non si sa perché non sono state chieste le dimissioni, ha chiamato “suggestioni” quei 1500 euro appesi al nulla, l’offerta in beneficenza di chi poi può dire arrangiatevi io ho già dato.

Non sappiamo nulla di quali misure siano state immaginate per fronteggiare l’esodo biblico, l’invasione epocale: se ne aspettavano centinaia di migliaia e non si riesce a risolvere con efficienza se non con umanità l’arrivo di decine di migliaia. Lo smacco di fronte all’emergenza di questo governo del fare, incapace di qualsiasi azione che non sia di dimissione di fronte al prevedibile, è segnato dal razzismo e dalle invettive cialtrone di Bossi, ma è soprattutto frutto di una ostinata e volontaria ignoranza, primitiva e barbara, della realtà, dei contesti mondiali, delle tendenze. Di un bieco provincialismo, per il quale l’Europa è un’autorità cui riferirsi a intermittenza per prendere solo quello che conviene, disfandosi di ogni obbligo e coerente appartenenza. Di una ottusità compiaciuta che fa rifiutare ogni forma di cooperazione, sostituita da accordi opachi e intese scellerate con tiranni ora pericolanti o cancellati dalla cronaca e presto dalla storia. Esaurito il repertorio di despoti amici, questi dilettanti al governo non hanno interlocutori e per una volta non li aiutano gli sceneggiatori di Mediaset poco avvezzi ai colossal catastrofici.
Lampedusa è diventata l’isola delle beffe: Premio Nobel e in mancanza di quello vanno bene i telegatti, la casa per le vacanze comprata su internet a scatola chiusa, come forse vengono acquisite anche le batterie di escort, piccoli sgravi, qualche compensazione elargita per il disturbo, sono le misure di accompagnamento all’azione più qualificante. Cancellare la macchia di quelle presenze ingombranti per sostituirle con un turismo, non sappiamo quanto più educato. Rimuovere dal panorama dei cittadini l’horror della disperazione per sostituirlo con la compiaciuta e rassicurante banalità delle soap Endemol.
Anche Lampedusa è ormai pronta per Forum. Ieri i telegiornali, quasi tutti, in una fortificante pratica omologatrice ci hanno fatto vedere solo isolani soddisfatti: giustizia è fatta ma a parlare si giustizia qui è come parlar di corda in casa dell’auspicabile impiccato. Forse faremmo meglio a parlare di vendetta, quella dei benpensanti cittadini offesi nel loro micragnoso benessere, nei loro meschini privilegi e delle loro mediocri garanzie, placati dal rifiuto, dal respingimento come fosse un rito di purificazione.
Ma nei giorni scorsi abbiamo avuto la consolazione di vedere invece cittadini esasperati ma solidali, estenuati ma ragionevoli. Sono la speranza che anche noi sapremo difenderci da una barbarie che spinge gente come noi a caricare su bastimenti vagabondi altri essere umani. Come se il torto subito da emigranti diventasse diritto di trattarli come i rifiuti di Napoli da nascondere alla nostra vista educata e alle nostre coscienze allenate a rimuovere l’ingombro della compassione e della solidarietà.
Ma è anche una questione di sopravvivenza che deve farci ribellare all’irrisione della civiltà esercitata da questo governo: rafforzare la libertà dei più forti limitando quella dei meno forti, è logico se si fa parte della schiera dei vincenti. Ma un Paese già condannato ad avere un futuro incerto non può permettersi di essere incurante che la schiavitù finora sapientemente distribuita e mediaticamente occultata sta per diffondersi secondo nuove terribili e inattese regole distributive. Aver vinto all’iniziale lotteria della vita non ci esime dalle ragioni della civiltà e non basterà a difenderci, è ora di rafforzare le risorse di libertà e democrazia.

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