La nube radioattiva di Fukushima sta dunque arrivando in Italia. Certo non sarà un disastro, perché si tratta soltanto dei pochissimi reperti di un dramma che ancora continua dall’altra parte del mondo e si scopre sempre più grave. Il vero disastro è invece la classe politica, affaristica e intellettuale di questo Paese che sembra non aver imparato alcuna lezione. E segue semplicemente dei cinici calcoli mediatico elettorali o si perde dietro pensieri non si sa se infantili, ingenui o interessati.

Il professor Veronesi immerso nella pausa di riflessione  ci fa sapere che lui vuole centrali super ultra sicurissime. Ed evita di farsi spiegare dal professor Rubbia che semplicemente non esistono, o meglio potrebbero anche esistere centrali con un rischio molto inferiore all’attuale, ma con rendimenti così bassi e costi così alti che le renderebbero del tutto inutili come fonte di energia effettivamente praticabile.

E poi che senso ha questo nuovo vegliare sulla sicurezza se non è affiancata da qualche attività fattuale? Cosa intende fare di concreto Veronesi oltre a farci conoscere i suoi stati d’animo? Io una risposta l’azzardo: proprio nulla. Lui e tutto il milieu politico-nucleare stanno solo cercando di prendere tempo, di fingere la riflessione per tornare all’attacco quando il momento brutto sarà passato. Il nuclearismo ottimista è un’ideologia.

E nel frattempo ci bombarderanno di messaggi ambigui, intrecciati da falsi dubbi, tenteranno di convincerci con la paura del petrolio che finisce, con l’inadeguatezza ( a loro dire) delle energie rinnovabili, con la necessità di ridurre la CO2, si fingeranno ambientalisti per massacrare l’ambiente.

E infine ricorreranno a un ragionamento insidioso e bugiardo: nulla al mondo ha un rischio zero, quindi è inutile chiederlo, accontentiamoci del fatto che le centrali hanno un rischio minimo. Non fa una piega, solo che disgraziatamente le centrali  nucleari, come ho scritto in un post precedente, hanno un rischio altissimo. Certo gli incidenti gravi in trent’anni sono stati solo 4 il che porta a pensare che effettivamente il rischio non sia alto. Ma questo è dovuto al fatto che in realtà le centrali sono molto poche, oggi 442 in tutto il mondo, anche parecchio di meno  facendo la media degli ultimi tre decenni: il rischio è dell’1%. Che è altissimo per qualsiasi sistema complesso.

Per produrre tutta  l’energia elettrica oggi derivante  dal fossile ci vorrebbero almeno 4000 centrali e 7000 considerando lo sviluppo di Paesi come Cina, India e Brasile. Questo senza diminuire di molto le emissioni di Co2, perché esse derivano principalmente dai trasporti, dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento.  Se dovessimo sostituire motori e bruciatori con energia elettrica allora il numero di centrali dovrebbe essere, ai consumi attuali, di almeno 13 mila. Ovvero quattro incidenti gravi all’anno in grado di avvelenare il pianeta in pochi decenni.

E’ chiaro che non può funzionare. In attesa della cosiddetta quarta generazione che tuttavia è un insieme di progetti molto diversi sulla cui sicurezza e fattibilità non si può dire nulla e che potrebbero rivelarsi anche più pericolosi, attualmente il nucleare non può che essere una costosa e pericolosa integrazione agli altri tipi di energia. Anche perché se oggi un chilo di uranio arricchito costa attorno ai 2300 dollari è solo perché il nucleare è marginale nel mondo: paradossalmente più centrali si costruiscono più il prezzo tenderà a salire in misura molto maggiore rispetto alla produzione. Come ci insegna quel liberismo così favorevole all’atomo.

Però è proprio questo il problema: chi accetterà il rischio per qualche utilità marginale e non per qualcosa di assolutamente necessario? Chi sapendo come le società del nucleare barino sui costi effettivi e dunque sulla durata di una centrale, accetterà la spada di Damocle, per arricchire qualche amministratore delegato?  Chi si accontenterà di qualche consolante menzogna? Forse anche da qui può nascere una rivoluzione.