Anna Lombroso per il Simplicissimus

Succede che la “politica” entri nella nostra vita attraverso emozioni e passioni che modificano il nostro sentire.
La solidarietà e l’aspirazione a una “cittadinanza di tutti” erano per me una professioni di civiltà, orientate dalla ragione e dall’appartenenza morale a un contesto riconducibile a valori universali, quelli dell’uguaglianza, della fratellanza, della libertà.
Poi in un momento della mia vita fatto di tenebre e di molta solitudine è arrivata Elena con una borsa di similpelle e due sacchetti di plastica che contenevano memorie e i poveri beni di una vita in esilio.
E io che mi sento da sempre zingara e straniera in ogni luogo ho scoperto che cosa significhi esserlo davvero, il sudore freddo quando passa il controllore in treno anche se hai il biglietto, non andare al pronto soccorso se stai male, camminare sempre sul marciapiede opposto a chiunque porti una divisa e via via subire ricatti, intimidazioni.. e quel bisogno di soldi anche per riscattare la nuova servitù lontani da casa. E se hai la fortuna di non essere troppo giovane e spenta per la nostalgia e la fatica di parlare e soffrire in una lingua che non è la tua, allora tanto meglio così sei risparmiata e puoi limitarti a lavare i piatti, a fare le pulizie, a accudire un malato, purchè tu stia zitta e ti renda invisibile.
Perché, l’ho detto altre volte, è così che li vogliamo, bande disordinate e mute di ombre mute e trasparenti, che raccolgano i nostri pomodori, i nostri mandarini, la nostra uva. Che asfaltino strade e tirino su muri (e per favore non gettino un grido, non facciano rumore se cascano della impalcature per non turbare coscienze che dormono o orecchie che vogliono essere blandite solo dai jingleincoraggianti della pubblicità del Mulino Bianco). Che badino ai nostri vecchi, accudiscano i nostri bambini, curino i nostri i malati, lavino pile di piatti sporchi nelle cucine. Che puliscano pavimenti ma molto presto la mattina o tardi la notte, per non incrociarli con i loro scopettoni e i loro secchi di saponata dei nostri asettici uffici. .
Li vogliamo invisibili e muti perché così non creano problemi, non ci fanno pensare, non ci fanno vergognare, perché così è più facile consegnarli in balia della malavita del caporalato dei protettori, perché così è più discreta e più “segreta” la perpetuazione in età moderna della schiavitù.
Ed anche perché – invisibili – ci fanno meno paura. Li possiamo dimenticare e rimuovere la loro “minaccia”, quella di attentare ai nostri privilegi, di minare certe labili sicurezze.
Il nostro Paese non ha la coscienza tranquilla, né nei confronti del passato dei suoi cittadini né del loro futuro ne’ verso coloro che spinti dalla disperazione arrivano nel nostro Paese, ma nemmeno verso le generazioni che verranno, cui il sospetto e la diffidenza minacciano di erodere futuro, ledendo le aspettative di libertà, compromettendo la percezione della dignità.
Abbiamo perduto il senso e il sogno della solidarietà, come compiutezza dell’eguaglianza e della democrazia: la riduzione della “socialità” riguarda ogni ambito della vita di relazione e crea inimicizie ostilità e competizione in una spirale che distrugge l’interesse generale e i suoi capisaldi di legalità, imparzialità, disinteresse personale.
Oggi 1 marzo, è indetto lo sciopero degli stranieri contro la legge Bossi-Fini, ma intanto il ministro Maroni sibila minacce trasversali intese ad alimentare paura, diffidenza, esclusione di chi è diverso. Ribelliamoci ai suoi messaggi di inimicizia: alle sofferenze di chi parte portandosi dietro memorie e tradizioni, che spesso faticherà a perpetuare, che sfugge a fame e minacce concrete che attentano all’esistenza, per affrontarne altre egualmente terribili, non rispondiamo con la cultura del controllo, con la militarizzazione delle città, con la repressione indiscriminata per la difesa di territori del privilegio, con il miserabile progetto di vivere una vita asettica priva di rischi di contaminazione, nella quale ogni conflitto possa essere governato e risolto nella sfera penale, assolvendo alla funzione di realizzare la promessa politica di immunizzare la società da coloro che “sono esterni” al sistema di garanzie.
Si nei tempi dell’iniquità globale l’idea di uguaglianza è facile nell’ora di matematica. E quella di democrazia è facile nell’ora di educazione civica. Ma questa libertà che non abbiamo conquistata, che abbiamo ereditata dobbiamo imparare a custodirla per noi, per gli altri. E per quelli che verranno, perché non siano condannati prima di venire al mondo, esclusi prima di nascere, privati della luce prima di aprire gli occhi.