Guardando l’orrore che si dipana al di là del mediterraneo, ma anche la speranza e la forza che vi si contrappongono, spiando come guardoni quella storia a cui non sappiamo più partecipare, dovrebbe colpirci una cosa: l’abisso che esiste tra ciò che accade e l’ assenza di umanità con cui l’Europa, chiusa nella sua fortezza di cartone, vive questi giorni.
Certo ce lo si aspetta da un continente che si è abbandonato come una escort a una destra talvolta opaca, altre volte immersa in un atono e timoroso presente dal quale non sa e non vuole uscire.
Però anche dagli spalti della sinistra non si è levato quel grido, quella rivolta per l’umanità che ci si sarebbe aspettati. Anzi la preoccupazione per il petrolio, il gas, per l’eventuale ondata di clandestini, hanno fatto aggio su tutto, hanno riportato le parole di chi ancora dovrebbe credere che libertà e fraternità vanno insieme, sui binari morti dei governanti. Persino di quelli che parteggiano per i boia.
Il distacco tra l’immaginario di sinistra è la realtà è quasi raggelante. Ma quante volte lo abbiamo avvertito in questi anni? Quante volte di fronte alla real politik, alla politica politicante o al ticchettio del registratore di cassa elettorale, abbiamo sentito discorsi molto simili a quelli della destra, abbiamo toccato con mano persino la mancanza di emozione?
Il problema è che dopo la caduta del muro la sinistra si è privata della sua forza più evidente, considerandola scaduta, fallita e persino compromettente: l’utopia. Come se il fallimento del comunismo reale avesse dovuto indurre le persone non pacificate dalle ingiustizie del capitalismo a trovare solo espedienti pragmatici di mediazione tra il mercato e la democrazia. Non più un progetto alternativo o di riforma profonda, ma una sorta di aggiustamento.
E’ stato un grave errore sul piano politico, perché la concretezza non si contrappone affatto all’utopia, anzi ne ha bisogno. Averla scacciata, ha anche tarpato le ali a quella elaborazione critica che si è condensata sotto forma di malumore e rifiuto del mondialismo, senza alcuna fondazione del senso di cittadinanza, di progresso e di libertà . Ed è stato un errore ancora più grave sul piano psicologico perché se la democrazia manca di un elemento atavico, ma fondamentale, è proprio la mitopoiesi. Cioè la capacità di porre una meta evolutiva, anche irraggiungibile alla base dello stare insieme e della polis.
Sappiamo tutti molto bene che il viaggio è più importante della meta, che la ricerca della verità è più importante della verità, come diceva Herder, che non esiste nessun progresso senza un’idea di progresso. E che infine esiste anche un’utopia della nostra stessa vita. Persino la grossolana speranza con cui giochiamo al lotto.
Così senza utopia ci siamo arresi e abbandonati all’idealtipo del padrone, del proprietario, dell’imprenditore senza responsabilità, anzi irresponsabile per definizione. In tutti i sensi come ormai tristemente dobbiamo constatare. La difficoltà della sinistra nel combattere questo insieme di mitologie, d’accatto, ma efficaci, sta proprio nel non avere nulla da contrapporre. E ancor peggio nell’essere ormai così dentro a questo schema di non voler aver nulla da contrapporre. Una volontaria castrazione ideologica, sostenuta dal pregiudizio marxiano, ma insensato senza Marx che comprendere il reale sia già trasformarlo.
E invece diventa sempre più evidente che non esiste nulla di più utopico e perdente di non avere un’utopia.
Il capitalismo è in libera ascesa. E’ così ben strutturato e forte che dinnanzi all’altare degli affari e della speculazione niente sembra avere senso. Ci sono meccanismi in atto tali da distruggere l’umanità delle persone e ciò che più conta e vale è la capacità di accumulare e creare una nuova discendenza proprio come sta facendo un uomo che è l’incarnazione perfetta di cosa sia il Capitalismo. La prima cosa da abolire per uomini d’oro è qualsiasi forma di sentimento forte o latente, in quanto i capitani d’industria non hanno tempo per intenerirsi, capire immedesimarsi nell’altro alleviare le sofferenze di chi soffre. Chi è povero è condannato a non parlare, a non chiedere a non respirare reo di non avere saputo fare soldi.E’ uno schiavo che può avere qualche briciola se batte le mani ed osanna il nuovo dio del denaro.Le ideologie sono state dichiarate sorpassate e vecchie e in quest’ottica tutto l’occidente naviga verso ciò che arricchisce pronto a immolarsi per una nuova economia e ad inchinarsi davanti alla speculazione finanziaria. L’Europa non è che questo. Una nuova galassia che esclude qualsiasi bisogno non legato ai soldi. Figurarsi se c’è tempo e voglia di sdegnarsi davanti al massacro del dittatore in Libia, di muoversi in aiuto degli ultimi che da soli a nude mani cercano di affermare un diritto inalienabile e sacrosanto:la Libertà. E in nome di quella libertà stanno cadendo come mosche. Quei giovani dopo tanta sofferenza credono ancora nel potere degli individui nel valore della vita e di principi inviolabili. Sono eroi nazional popolari che non indietreggiano, non hanno paura non cedono ai ricatti. Ma l’occidente ridotto a un enorme letto dove le lenzuola sono diventate il simbolo di una pseudo potenza sessuale ha perduto il senno.Un euro vale più di una vita…
è una lettura che mi porta a riflessioni molto personali: affondo probabilmente affondiamo quasi senza più dibatterci in una tremenda mediocrità. E il nostro, nei confronti di popoli più giovani più vivi e più combattivi, è un voyerismo invidioso. E credo proprio che tu abbia ragione che più che delle barricate della Comune abbiamo il rimpianto per l’eroismo dello spirito nel senso vichiano, quel “tono” eroico che traccia la via per un’azione.Sembriamo aver bisogno delle radiose visioni ma non siamo capaci di disegnarle da soli, cerchiamo leader che ce le narrino. Non mi piace Weber quando dice che chi vuole le visioni del futuro vada al cinema. Vorrei che ce la sapessimo sveneggaire da soli e poi gorare non un film ma un tentativo di realtà. E ormai la sepranza concide con l’utopia ambeudeu sono rivoluzionarie e mi piacerebbe non avessero bisogno di eroi per interpretarle. Ma abbiamo probabilemnte posto troppi ostacoli alla creatività politica e all’immaginazione dle futuro, troppi, tando da allontanare esageratemente “il filosofo dalla moltitudine”.