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Fatta la festa, gabbato il Pd

Anna Lombroso per il Simplicissimus

“Rifare l’ Italia” era il titolo di un celebre discorso pronunciato alla Camera da Filippo Turati il 26 giugno del 1926.
E fatta l’Italia adesso bisogna fare gli italiani, tuonava ben prima Massimo D’Azeglio.
La storia ripresenta le stesse sfide. E anche gli stessi irriducibili pregiudizi se lo stesso D’Azeglio scrive: “in tutti i modi la fusione coi Napoletani mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaiuoloso!”
Si, ci voleva proprio la dabbenaggine di Bersani per pensare che il suo “tocco” democratico cambiasse i connotati e dirigesse magicamente verso il “meglio” la Lega, l’unico partito xenofobo e razzista a “stare” e condizionare un governo in Europa. Una forza politica che ha un elettorato non sappiamo quanto consapevole di rafforzare un disegno di insidiosa decomposizione territoriale e di consolidare la percezione di una nazione nella quale il Nord somiglierebbe, come diceva Adolfo Omodeo, a un Belgio grasso, e il Sud a una colonia mafiosa.
Non si capisce per quale perversione c’era bisogno del voto contrario alla festa nazionale (tutto dire in una maggioranza che ha fatto delle feste la cifra del governare) per convincersi della vera natura della Lega e magari anche del suo disegno soprannominato fantasiosamente “federalismo”, che invece manifestamente costituisce solo la rivendicazione di un separatismo regionale se non di campanili.
Non mi sono ben chiare, certo per mia inadeguatezza, le fattezze del federalismo secondo il Pd, facciamo finta sia quello di Cattaneo, di Dorso, di Salvemini, anticamera obbligata di un federalismo europeo, auspichiamo che consista in un patto storico tra il Nord e il Sud, che saldi finalmente l’ Italia in una autentica unità nazionale. Speriamo guardi a una grande riforma federalista unitaria, basata su due fondamentali innovazioni: l’ istituzione delle macroregioni e il patto nazionale tra di esse. Certo si tratta di istanze e progetti che con questo governo non sono compatibili perché sono le cifre di questa maggioranza il separatismo, la divisione e il conflitto.
Torna utile a volte guardare alle passioni, tristi o felici, che siano per interpretare la realtà. Perché in questo caso non sono uno contro l’altro solo due visioni politiche, ma si scontrano egoismo e generosità, solipsismo personalistico e solidarietà. E anche verità e menzogna, miopia e lungimiranza.
La Lega chiama al riscatto dal cosiddetto “sacco del Nord” invitando violentemente all’abbandono della questione meridionale in nome di un nordismo provinciale, gretto e infine autolesionista. Solo una ebbra e dissennata volontà di nuocere a interessi generali può spingere al venir meno di un impulso a uno sviluppo equilibrato e solidale che giovi a tutto il paese, sia rispetto alla minaccia che grava su tutta la nazione, pingue Nord incluso, di diventare un “Mezzogiorno d’ Europa”, centro nevralgico della grande rete della criminalità mondiale. Addirittura più “a Sud” e più lontano si direbbe da quel movimento di riscatto che agita proprio in questi giorni il bacino del Mediterraneo e via via il Nord Africa.
Non occorre Cattaneo basterebbe anche il Barbarossa per capire che il danno a una parte del Paese si ripercuote su tutta l’Italia. E non occorreva il no alla festa dell’unità nazionale per comprendere che la Lega nuoce al Paese e all’unità. E alla democrazia.

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