Nadia Somma per il Simplicissimus

C’é qualcosa che mi rammarica profondamente ed é qualcosa che ha il sapore del paradosso. Sono tutti quei movimenti di protesta a cui io stessa sto aderendo, da parte di donne stanche di essere rappresentate come oggetti sessuali a disposizione dell’uomo di potere, stanche di una cultura che ritiene accettabile anzi quasi auspicabile che una donna baratti la sua sessualità in cambio di candidature politiche, promozioni nel lavoro o nello studio, assunzioni o altro.

Dichiarare di non essere in vendita, dichiarare di non essere disposta a prostituirsi, per riscattarsi da questa rappresentazione, è anche questo umiliante. Il paragone sarà forse azzardato, ma queste iniziative mi hanno fatto venire in mente l’onere della prova che ricade sulle donne quando subiscono uno stupro e devono oltretutto dimostrare di essere state violate, di “non esserci state”.

In questi anni abbiamo subito di tutto, e solo per fare qualche esempio: dall’aumento della disoccupazione femminile, all’erosione di diritti preziosi che erano stati acquisiti, come il diritto al congedo della maternità, ai tentativi di boicottaggio della legge 194 con gli obiettori di coscienza che rifiutavano addirittura di prescrivere la pillola del giorno dopo; siamo state testimoni di un umiliante retrocessione della presenza delle donne nei posti di responsabilità e di potere, all’impoverimento delle donne in una società derubata della partecipazione delle donne.

Abbiamo dovuto digerire la martellante e ossessiva proposizione nei media e nella pubblicità dei nostri corpi come parti anatomiche a disposizione o da violare a piacimento da parte del solito macho dominante. L’immagine volgare e violenta di Oliviero Toscani che qualche giorno fa, giocando tra immagini e parole, rappresentava un pube femminile come pelle vegetale da conciare potrebbe essere l’immagine perfetta della concezione delle donne nel ventennio berlusconiano.

Questo scandalo che sta coinvolgendo Berlusconi e la sua corte, pur nella sua ripugnanza, non è stato il peggio di questo regime. Non mi si fraintenda. Ma il degrado che ha coinvolto la condizione delle donne è inserito in una decadenza ben più ampia che coinvolge tutta la società italiana. Ci sono stati scandali ben peggiori: la cricca degli imprenditori avvoltoi che se la rideva sui morti de l’Aquila, un ceto politico affaristico ormai confuso con la mafia, la camorra e l’ndrangheta; la corruzione, le spese folli della casta, l’incapacità a governare, l’attacco continuo alle istituzioni e ai principi costituzionali da parte di Berlusconi e del suo partito.

Ma dove pare svegliarsi il Paese? Su uno scandalo sessuale, certo grave, che avrebbe già fatto dimettere qualunque premier in qualunque Paese normale. Ma alla fine agli italiani e alle italiane mi verrebbe da domandare: meglio un Paese di mafiosi e di corrotti piuttosto che un Paese di mignotte? Eppure pare che proprio dalla dignità femminile umiliata ci sia un movimento di risveglio dal pantano in cui siamo sprofondati da anni. Una bella e amara occasione per le donne.