Essere donna in Italia dev’essere durissimo: perché alla depravata mercificazione del corpo femminile, che è il marchio di fabbrica del berlusconismo, alla sua violazione nelle orge del potere, fanno da pendant difese corrucciate e ambigue che sembrano però uscire dalla stessasottocultura maschilista.
E passi per i cattofascisti alla Giovanardi da cui ci si può aspettare qualche parola che persino gli stilnovisti del Trecento potrebbero considerare offensiva. Passi per le onorevoli sguattere del Pdl che difendono i loro stipendi e le loro poltrone. La cosa triste è che personaggi che si ritengono laici e progressisti, diventano avvocati d’ufficio di un’idea della donna subordinata ai suoi ruoli familiari e per così dire generativi. La stessa Concita De Gregorio chiama all’appello: “Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete? ”
Ne abbiamo sentite a tonnellate di opinioni in questi due giorni, ma la sostanza sembra rimanere sempre la stessa, quella che contrappone la puttana alla moglie o alla figlia o alla madre, come se il valore della donna fosse riposto esclusivamente dentro questi ruoli. Come se fossero il tutto a cui può aspirare la persona di genere femminile.
Roba che sembra riportarci indietro di quarant’anni. Come molte cose del resto in questo avvilente Paese. Ma anche considerazione senza senso perché se il valore femminile è nel ruolo, quelli considerati positivi implicano necessariamente quelli negativi. E rimandano sempre alla giostra al cui centro c’è l’uomo, al maschile a cui sono incardinate le simbologie comuni.
Insomma le donne continuano ad essere persone demidiate: non l’altra metà del cielo, ma una fettina striminzita di orizzonte. L’uso e l’abuso del corpo femminile, la sua svendita televisiva, pubblicitaria, quotidiana ha prodotto alla fine i suoi effetti, grotteschi e infami nelle menti arcaiche ed elementari di chi ci governa, più sfumati, ma sempre in agguato negli altri.
Non è che che non esiste una differenza tra mignotte e mogli, amanti o felici libertine di ogni tendenza. Il fatto è che quella differenza non esaurisce tutta la persona, ne è solo un aspetto. Per gli uomini è così: nessuno penserebbe che un puttaniere si esaurisce in quella malattia morale o che un buon padre di famiglia sia solo quello. Ma per le donne no: ancora non sono del tutto persone. E per loro persino la nudità può essere un burka.
Insomma Nadia, la signora Concita l’appello l’ha lanciato in quanto direttore dell’Unità, in quanto donna che ha ambito, lavorato e magari pure sgomitato per rappresentare il suo impegno civile. Che poi sia moglie e madre é del tutto indifferente. E se magari fosse invece una scapola impenitente l’appello avrebbe meno valore? qui non si tratta di negare il valore di certe relazioni, ma semplicemente di non renderle totalizzanti. Perché il riconoscimento non avviene solo su quelle.
Ma sono un pò perplessa Alberto. L’appello di Concita de Gregorio l’ho firmato molto volentieri. L’invocazione alle madri, sorelle, figlie,nonne potrebbe rievocare per certi aspetti l’invocazione alle donne in nome di un ruolo storicamente imposto o preordinato, quello familiare, però potrebbe avere anche un altro senso. In una cultura come la nostra dove lo strabordande Io, si fa sempre più prepotente, al punto non voler riconoscere limiti, norme, regole, etica, e che mi sembra ben incarnato dallo psicopatico in delirio narcisistico che ci governa, il richiamo alle donne in nome della relazione non lo vedo in maniera così negativa. Attraverso la relazione avviene il riconoscimento dell’altro e anche il riconoscimento del nostro personale limite. La relazione che é sconosciuta a chi adopera l’altro per la soddisfazione narcisistica dei prorpi bisogni. Tempo fa in un blog discutendo con alcuni uomini che sostenevano che la violenza le donne se la vanno a cercare, mi sono trovata a domandare loro se non fossero padri, fratelli, o figli di qualche donna, perché sembravano esserselo dimenticato, come fossero individui avulsi da qualunque relazione, in questo caso, con l’altro genere: quello femminile. La mia domanda voleva ricordare loro che siamo tutti in relazione e che quello che offende o viola un altro essere umano non può non toccarci. Quindi non lo so più se poi sia vero che l’invocazione delle donne in nome del ruolo familiare sia una limitazione, un dimezzamento delle donne, o non il riconoscimento di una complessità che non si esaurisce nell’io di ognuna.
Grazie Ofelia..
LE PRIME,DOPO GIORNI,ONESTE PAROLE SULLE DONNE E LA DIFFERENZA DI GENERE.