Le nuvole di panna viaggiano lente lungo l’orizzonte, rischiarano il verde, il viola, il rosso delle bouganville che amano la discrezione della luce indiretta. E le voci, il bisbiglio incoerente, il mormorio della vita cresce mentre la sera comincia a planare con assorta lentezza. Lo senti dal vento che si fa più teso e bizzarro, dalla meridiana interiore che allunga le ombre, ma anche dall’orchestrina che sistema i suoi strumenti nel giardino.
L’orizzonte è già panna e fragola quando il primo sax comincia a provare, poche note che scorrono liquide nella’aria, rimbalzano contro i muri, diventano eco e poi semplice traccia che lascia il posto al ritmo delle onde. E ancora un violino che prova, una chitarra che sfavilla per qualche accordo.
Qualcuno aspetta il bene del buio, qualcun altro scaccia la penombra accendendo le lampadine, altri cucinano. L’odore di spezie comincia ad aleggiare come un promettente mistero, un rito che introduce alla notte. L’ orchestrina attacca “stardust” per trovare il giusto impasto, poi sarà salsa e merengue, ma per ora non c’è ancora nessuno, l’orizzonte è un blu denso con qualche sprazzo rosso e oro, si adatta alla pozza di malinconia che è diventato il giardino..
Tra un po’ cominceranno ad arrivare le prime auto, macchinoni di lusso che odorano di pelle a un chilometro. E non sole la pelle dei sedili, soprattutto quella che ci sta sopra: pelle giovane, vigorosa, abbronzata e ogni tanto quale pelle vizza e tirata. Stasera è ancora una festa, come ieri, come domani , una festa che può rinnovarsi perchè ogni sera è il nulla.
Molte ore senza angoscie, senza telefonate, senza ossessioni, senza avvocati: la musica sotto le palme, la polverina magica che qualche Henry Potter porterà con sè, il piacere della conquista e della bugia, il piacere di violare senza rimorsi e anche il piacere di un rimorso che passa con una risata. Il sudore al posto del calore, l’afrore della stanze, le grida, gli strilli esercitati, il sacrificio rituale al dio che risiede nel portafogli, quello accanto al letto.
E il buio, il cielo che disperde e distilla tutto, conserverà tutto questo dentro la volgare intimità del branco. Saranno completamente sfatti quando all’est tornerà un vago chiarore e poi di nuovo la luce, dentro il canto del risveglio. Altrove lontano Antigua comincerà a ritrovare i colori e forse il semplice canto delle parole e degli sguardi.
Ma perché ti ostini a rimanere qui? Perché ti ostini a tormentarci? Vai una volta per tutte, accogli il salvacondotto che stanno pensando di offrirti. Laggiù non dovrai nemmeno fare finta di essere maggiorenne e nemmeno le tue “conquiste”.
Nei cieli d’alba cremisi
Assediati tra terre aride,
siamo, come torri diroccate
a stagliarsi, unite, contro
cieli d’alba cremisi,
insozzate le ali
da mediocri invidie.
se a suon di poesie se ne andasse….sogno troppo bello….
Come cantava Sordi: “Evvai, se devi annà …!”.
sei da quelle parti come inviato specialissimo?
…..ce la metti tutta Alberto…pure la poesia, ma nulla come già scrissi non se nevva ed oltrecai riti con portafogli accanto, prima di andare a dormire si cucca anche alltri riti, magari magici, di origini antiche, mi vengono in mente i riti egizi….ormai non gli rimane altro se non affari da svolgerev e riti egizi prima di andare a dormire prima che viul tempo sarà finalmente clemente nei nostri confronti.
Poesia questa. Ma non credo che, per quanto la si possa porre la domanda, questo essere se ne andrà…