Sono passati decenni da quando la casalinga di Voghera fu inventata e battezzata da Alberto Arbasino,  molte Italie senza memoria sono passate sotto i ponti. E come nella fiaba di Pinocchio quel topos del linguaggio giornalistico ha preso vita, non è più una cosa scritta, ma scrive a sua volta.

Si aggira incessante fra i plastici di Bruno Vespa, sorvola come una brezza di terra le onde del gossip con l’orgoglio complice della mediocrità, predilige gli uomini che tendono a trasformarsi in burattini per un naturale senso di simmetria. Va dove la porta l’orrore. Ma anche la curiosità morbosa, il groppo di inconfessate paure e pulsioni che si snodano nello spettacolo che è diventata la vita.

Anche su Sara non ci ha delusi e le lacrime da coccodrilla nei tempi del caimano, sono sgorgate con un linguaggio che oscilla da Disney al Grand Guignol: banalità e retorica accuratamente passate al controllo qualità di Canale 5. Ipocrisia nativa.

Cara piccola Sarah, occhi da cerbiatto, cara piccola Bambi che ti sei consegnata ai tuoi cacciatori crudeli e senza cuore, dobbiamo tutti chiederti scusa, devi perdonarci.

I fratelli Grimm e probabilmente anche la piccola Sara si rivoltano nella tomba.

Ma non ce l’hai fatta contro di loro: loro, i vampiri, i tuoi parenti, non ce l’hanno fatta ad amarti. Eri e sei troppo diversa da loro, sembri scesa dal castello delle fate, bellissima principessa in un regno di orchi e di streghe.

Ovvero un altro modo per assassinare Sara.

Noi che, senza conoscerti, ti abbiamo incontrato nei telegiornali e sui giornali, ti abbiamo mangiata proprio come l’umidità di quel pozzo, un pezzettino al giorno, piano piano, senza sprecare nemmeno una briciola della tua tragica favola

Certo, sarebbe bene che stessi un poco a dieta invece di avventarti sul fiero pasto, al solo scopo di comparire.

Non ti dimenticheremo.Sarah, perdonaci se puoi.

Forse Sara sì, ma chi potrà mai perdonare te, Barbara Palombelli, per questa infamia?