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Lega e Idv

Nel pozzo i San Patrizio delle assurdità, nel cahier des dolenaces di quel popolo disperso e politicamente inappagato che con banalità acrostica viene chiamato Pd, a me in questi giorni viene in mente l’ennesima astuta ingenuità dei gruppi dirigenti nei confronti di Idv e Lega.

Sul primo, nonostante l’alleanza si è sempre posata l’ombra snobistica del giustizialismo e dei toni accesi che spesso hanno portato alla tentazione di assentire con i berluscones sulla “pericolosità” di di Pietro. Sulla seconda, nonostante fosse sull’altra sponda, c’è sempre stato come dire un giudizio ora attento, ora impacciato, quasi che attaccare i leghisti potesse mandare il messaggio che il Pd si opponesse al federalismo.

Per non parlare delle lodi sulla gestione del territorio e via dicendo, fino ad avvalorare, senza dirlo esplicitamente che la Lega fosse una costola o magari un organo meno nobile della sinistra.

Ma in questi giorni vediamo più chiaro che mai  come si tratti invece di una formazione secessionista, xenofoba, cinica, senza idee se non quella ridicola della padania e pronta a fare del clientelismo politico locale, modello Calabria, l’asse portante del suo successo.

Un partito le cui fortune sono dovute alla navigazione di questo Paese nelle acque limacciose  del berlusconismo. Lo sa benissimo Bossi che si tiene ben stretto il Cavaliere, mangiandolo un pezzettino alla volta, con amorevole discrezione, aspettando di crescere abbastanza da poter fare da solo. Ma prima di quel momento una caduta verticale di Silvio riporterebbe la Lega alla sua dimensione valligiana.

Non ho molte idee sul perché ci sia stato e ancora ci sia in parte questa cecità politica. Certo il giustizialismo dipietrista non piace ai parlamentari per ovvie ragioni, forse c’è ancora il ricordo del lontano ribaltone che illuse il centro sinistra di aver buttato fuori dal campo Berlusconi. Ma è ben poco per sopportare i simboli leghisti nella scuola di Adro, la politica dei respingimenti a colpi di mitragliatrice e l’evanescenza di una politica che all’ultimo si esaurisce nella libertà di evasione delle partite iva e nelle cricche affaristiche paesottarde.

O forse la ragione è l’incapacità di comprendere il Paese, la paralisi di fronte a un fenomeno di crescita non previsto e contro il quale non si davvero che fare, senza dover tornare a valorizzare i temi del lavoro, della convivenza e della solidarietà (quella fiscale compresa) che turbano i sedicenti moderati.

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