L’assassinio di Angelo Vassallo, il sindaco lasciato solo nella lotta alla camorra, è stato un bel colpo allo spettacolo triste di un governo che tenta di rendere sempre più difficile la lotta reale alla criminalità organizzata  con progetti di legge demenziali e con la difesa strenua  dei referenti mafiosi che ha nel suo seno, ma che pubblicizza arresti e sequestri come prova della sua intransigenza.

Abbiamo un ministro dell’ Interni che abbandona gli onesti al loro destino, ma che poi si fa vanto dell’opera di polizia e magistratura nella cattura di qualche boss. Già,  è questo che colpisce, che fa spettacolo, che rimane nella mente, anche se spesso si tratta di gente ormai ai margini dei sistemi mafiosi, vecchi latitanti,  rilasciati dopo pochi giorni e messi ai domiciliari: una lotta senza quartiere alla criminalità di ieri.

Una battaglia vera sarebbe assai più fruttuosa, ma molto meno spettacolare, perché andrebbe ad aggredire i meccanismi di base della criminalità organizzata, il mondo magmatico degli scambi tra affari e politica, non vertici reali o solo nominali che hanno comunque già le sostituzioni pronte.

Del resto sarebbe davvero singolare che un metodo di governo basato sull’irrealtà, si contraddicesse in questo campo. Anche la lotta alla mafia è diventato uno show, con le sue telecamere ben posizionate, i suoi copioni, i suoi autori. Poi ogni tanto accade qualcosa che lacera lo spettacolo messo in piedi con tanta cura e il ministro si guarda bene dall’andare a farsi denudare dalla realtà: non sarebbe un bello spettacolo.