Oggi il governatore di Bankitalia, Draghi ha detto che cresciamo troppo poco e che bisogna essere competitivi come la Germania. E ‘ una cosa che si sarebbe potuta dire ogni singolo giorno negli ultimi diciassette anni, un’ovvietà e un’utopia al tempo stesso.

Ed è anche una beffa per gli operai della Fiat a cui è stato fatto ingoiare di tutto, quando nella competitivissima Germania un operaio Volkswagen ha quasi esattamente il doppio di salario di un collega italiano.

Si, una beffa perché lo è anche nascondersi dietro  parole vaghe e non dire le cose come stanno. Da molti anni politica ed economia in Italia si sono aggrappate all’esistente, a un mondo che man mano spariva, senza minimamente attrezzarsi per i nuovi scenari. Anzi proprio in questi ultimi anni, in questi ultimi due terribili e farseschi anni, si è fatto di tutto per tagliare i ponti verso ciò che resta del futuro.

E tuttavia la “narrazione” che se ne fa è esattamente il contrario della logica e del reale. Perché vedete non è affatto il mondo globale che costringe alla precarizzazione, al taglio dei salari e dei diritti: questa è la tesi di comodo delle cosiddette classi dirigenti.  Ma tutto questo, paradossalmente, era vero fino alla fine degli anni 80 quando ce la dovevamo vedere con un ristretto club di Paesi industrializzati, quando la moneta debole e un certo differenziale di salari potevano assicurare un discreto successo.

Ma quando sono scesi in lizza i Paesi emergenti, in cui le retribuzioni erano solo frazioni delle nostre, era ovvio che la competitività sarebbe passata dal salario alle idee, ai prodotti, ai processi, all’organizzazione, al sistema complessivo. E questo significava più scuola, più competenze, più merito e meno privilegi, processi di aggregazione industriale, meno tasse per i ceti medio bassi, meno evasione fiscale, meno ruberie, meno “nero” di infimo livello.

Insomma si doveva semplicemente scegliere di arrivare a una “normalità” europea trovando il coraggio di rinunciare a quella sorta di stabilità da contorsionisti in cui si era in qualche modo assestata la società italiana. Non lo si è trovato, si è trovato invece Berlusconi che ha garantito una continuità di tutti i vizi e le storture, anche quando sono mancati gli appigli su cui esercitavano il loro equilibrismo.

E da quel momento è stato necessario a scendere sempre  più in basso, fino alla Grecia e tra breve la Turchia, per cercare di rimanere a galla. Fino a smantellare persino la scuola, che è come bruciare nelle caldaie il legno della nave.

Quindi non illudiamoci di riuscire ad essere competitivi con qualche trucchetto messo in piedi da Marchione e compari sindacali nel silenzio assordante dell’opposizione.  Sono solo illusioni per milioni di persone e milioni di euro per pochi azionisti. Di certo non possiamo illuderci di comprare innovazione: si compra solo ciò che è già un passo indietro.

Perciò meglio di certe chiacchiere, annunci, dichiarazioni sarebbe molto meglio accettare la realtà: quella di essere stati accettati nel club esclusivo dei Paesi in via di regresso.  Anzi promossi a pieni voti.