Alla fine il Cavaliere ce l’ha fatta a mettere il suo bavaglio. L’illusione che i finiani potessero far fallire il progetto berlusconiano dall’interno e che avessero la volontà e la cultura per farlo, è durata poco: il tempo di intestarsi una vittoria tattica e di soddisfare le richieste della casta giornalistica, ma non la necessità dell’informazione. E men che meno quella della lotta alla criminalità e alla corruzione dilagante.

A noi rimane lo spettacolo di un’opposizione che si è immediatamente dichiarata satolla del risultato raggiunto, trovando un ennesimo alibi per la propria marginalità numerica e ormai anche politica.

In realtà la correzione della normativa non ne tocca il cuore: rende molto più difficili le intercettazioni, spostando il bavaglio alla fonte e tocca anche il mondo del web e dei blogger che avranno molto meno libertà di prima. Anzi saranno sotto costante ricatto di dover pagare multe salatissime. Per raggiungere la Birmania non c’è bisogno di leggi draconiane, bastano gli emedamentini  da inserire o rifiutare. La Bongiorno si vede dal mattino e una volta vinta la battaglia interna al Pdl, si è buttata alle spalle quelle bubbole delle libertà democratiche. Tutte cose “inammissibili”.

Ma tutti sono contenti e speranzosi, soprattutto nel Palazzo dove sanno benissimo che la grande informazione è molto più facilmente condizionabile di quella orizzontale e diffusa del web. Come si vede bene in questi giorni dove nessuno osa fare le pulci alla Fiat e alla sue grossolani ricatti.

Berlusconi si frega le mani in privato, facendo finta di lamentarsi. Va bene andiamo a firmare ancora una volta contro il bavaglio, qui lo si può fare, lo si deve fare. Ma sta diventando una via crucis.