Ci sono cose che proprio non riesco a capire o che forse non voglio capire. Una di queste è la lenta assuefazione alla droga berlusconianam scambiata per cultura politica.

Due giorni fa mi sono guastato il dopopranzo leggendo su L’Unità online un intervento di Francesco Piccolo, il quale è contro Berlusconi, “ma senza gridare”. Sono due gli appassionanti ragionamenti per questa opposizione sottovoce. Il primo: “In Italia l’opposizione a Berlusconi è così concepita: se chiedi la sfiducia in Parlamento, sei moderato fino ai limiti della connivenza. Se urli che devono andare tutti in galera, puoi avere la tessera di socio sostenitore dell’antiberlusconismo. E allora come deve fare chi (come me) vuole mandare a casa un governo implicato in questioni spaventose, e però non fa parte della sua formazione e della sua storia urlare che li vuole vedere tutti in galera?”

Ora è ben noto che in Parlamento puoi chiedere ciò che vuoi, anche che arrivi Babbo Natale con le renne, ma se non hai la maggioranza, anzi se sei sotto come non mai dalla nascita della Repubblica  e se hai deputati legati a doppia mandata col capo, sarà un po’ difficile far passare la sfiducia. Dobbiamo pensare che esiste una cultura politica che teorizza la sconfitta certa purché avvenga con stile?  Quale sarà mai questa cultura? Sospetto che anche Piccolo consideri giacobino e giustizialista chi pensa che approfittare delle cariche pubbliche  per rubare non soltanto soldi, ma anche diritti e vita, sia un grave reato.

Il secondo ragionamento lo dimostra. “Mettiamo che un parlamentare, un assessore, un ministro, due – mettiamo che perfino il capo di un governo si riveli un farabutto. A me interessa che lui e gli altri vengano spazzati via per sempre dalla vita politica. Se poi passeranno il resto dei loro giorni in una residenza sul mare o nel chiuso di una cella, sono fatti loro e della giustizia”.

Fatti loro? Sono fatti di tutti invece, sono fatti che appartengono al senso e alla vita di una società, specie se la politica dell’ ipotetico farabutto consiste solo nello schivare la giustizia e quindi nel tentativo di instaurare. Come può sfuggire lo stretto legame che esiste tra il declino economico- sociale e il declino etico-morale? Non è che per caso questa “discrezione” nasconda in realtà la solita divisione in conventicole di potere che vedono solo pericoli da un maggior coinvolgimento popolare?

Alla fine questa teoria dell’opposizione “confidenziale” è simmetrica a quella dell’urlo poichè non esprime alcuna reale alternativa, ma solo una questione di tattica e di stile. E infatti mentre il Cavaliere declina sempre di più anche le opposizioni perdono terreno per mancanza di progetto. Un modo per morire, ma ragionevolmente e pacatamente.