Quello che sorprende nella vicenda del call center trasformato in una specie di lager non è il fatto che in esso s’intravvedono pulsioni fin troppo presenti nella nobile imprenditoria italiana. E’ invece che gli internati, alias lavoratori, hanno sopportato tutto questo, si sono fatti aggrovigliare nella rete di illusioni, ricatti, parole d’ordine, vessazioni, senza alcuna reazione collettiva. Molti andavano via appena potevano. Qualcuno, una volta uscito dall’inferno, denunciava.
Tutte strade individuali nelle quali non s’intravvede nulla che abbia lontanamente a che fare con un’etica collettiva del lavoro, con una concezione degli interessi comuni, non dico neanche con la sindacalizzazione, ma quanto meno con una sorta di leggittima difesa dall’eccessivo sfruttamento.
Al fondo di questa vicenda sospetto che si possa scoprire una desolante verità: una coincidenza tra la mentalità dei negrieri e quella delle vittime. E’ evidente che i reclutati riuscivano a sopportare le angherie fisiche e contrattuali, i ridicoli riti motivazionali, potevano abbassarsi persino a sfruttare le famiglie per sopravvivere in quella giungla, solo avendo introiettato un modello distorto dell’idea di lavoro.
Ora non è importante che questo sia un caso limite: in migliaia di altre situazioni la dignità, la correttezza e il futuro vengono prese a frustrate, senza che si noti la reazione che meriterebbero, accolte con una sorta di abulia nella quale lo scontro di interessi che è vitale per le società moderne e per le democrazie, non compare nemmeno come possibile ed eventuale. L’unica via di uscita concepita è quella individuale
Il mondo è fatto così, non ci si può fare niente. E io speriamo che me la cavo. Questa sembra essere l’asse ideologico attorno al quale gravita la nube gassificata di due generazioni di italiani. Senza nemmeno un call center a cui rivolgersi per chiedere chiarimenti.
Nadia, io non sono più così convinta della rivoluzione:-), anzi sono una pacifista convinta, ma condivido pienamente il tuo commento, ho visto più di un call center, e più di un posto di lavoro, i sani c’erano, persone disponibili ad una azione di gruppo…poi vi era l’altro gruppo….un gruppo folto di persone che pur di lavorare/guadagnare avrebbero sbranato chiunque, spesso si sbranavano anche fra loro. Alcuni di loro per necessità altri perchè strutturati così, crudeltà e sadismo a man bassa. Chi si è ribellato al ruolo della vittima è fatto passare per matto quotidianamente e alla fine si ammala, chi ha una sensibilità più spiccata ci lascia la salute. La qualità del lavoro a mio avviso è cambiata anche perchè siamo cambiati noi, se penso che anche negli ambienti di sinistra i call center erano un insulto al lavoratore, travestito da “noi non abbiamo bisogno di rappresentanti sindacali, noi tuteliamo già il lavoratore” Bè Nadia mi sono crollati molti miti, ci sono stata parecchio male, mi sono arrabbiata…certo tanta responsabilità alla sinistra ed ai sindacati, ma è vero anche che da anni i rappresentanti sindacali sono stati presi a calci sui denti, è vero anche che se manca l’etica del lavoro colletivo, cosa fondamentale, è perchè questa individualizzazione si è infiltrata, ha preso sempre più piede, nel privato i ricatti ai lavoratori iscritti ad un sindacato sono in atto da anni e molti lavoratori hanno ceduto ber bisogno, altri per il soldo. Le menti sono cambiate, molti si sono lasciati andare per bisogno, molti hanno sposato l’individualizzazione di ogni forma di azione sociale perchè faceva comodo. Fino ad arrivare a questa individualizzazione della politica anche….scempio e disastro…
Purtroppo caderci é molto più facile di quello che si pensa. Non vorrei fare psicologia spicciola, ma siamo cresciuti ed educati già nelle famiglie al non rispetto di noi, all’acquiescenza nei confronti del potere: Dio, la Patria, La Chiesa, il Partito, la Morale….E’ facile molto facile per chiunque abbia la possibilità di giocarsi un ruolo di potere su qualcuno, “soggiogare” e “vittimizzare” instaurando meccanismi di questo tipo, più facile di quanto si immagini. Vessazioni, prevaricazioni, isolamento fanno regredire chi ne é oggetto ad una condizione infantile e il gioco é fatto. Se non sei più che strutturato….cedi e poi comincia il circolo vizioso da girone infernale. I sani quelli che reagiscono sono isolati dal gruppo…E più passa il tempo peggio è….comunque possiamo ringraziare anche la sempre maggiore precarietà dei contratti di lavoro, e ringraziare anche i sindacati e la nostra sinistra, che mette i lavoratori e le lavoratrici nella condizione di debolezza e disparità col datore di lavoro…io farei la rivoluzione….altro che palle!!!
Vero Alberto manca a tutti i livelli un’etica collettiva di lavoro ormai, ti assicuro che in quell’ambito forse, paradossalmente, nel mio lungo peregrinare da un lavoro ad un altro ci sono passata, forse di fondo esiste molto di pù che in altri contesti lavorativi, il problema è un altro, quello non lo puoi definire un lavoro, lager giustamente lo hai definito e ad essere gentili, ti assicuro che le vessazioni sono tali che anche la persona più forte psicologicamente crolla, è un girone infernale non un lavoro quello del call center, ed anche in ambiti come cooperative non cambia! Ho visto lì gli ultimi rappresentanti sindacali distrutti dal mobbing di anni, licenziarsi con disturbi gravi, persone intelligenti, colte che sotto le continue aggressioni si sono ammalate, e non ti parlo di singoli casi .Per aver parlato con una rappresentante sindacale, e ti confesso che non abbiamo parlato di diritto del lavoro, ho capito che stava male, le ho ho chiesto se le serviva aiuto per organizzare un’assemblea, sono stata sospesa per tre giorni dal lavoro con una scusa assurda. Sei costretto al fai da te, lì dove chi fa “carriera” ha il pelo sullo stomaco di riuscire a fare un contratto ad un defunto, sfruttando il dolore e la confusione mentale di una moglie che aveva appena perso il marito. Le cose non cambiano nei call center di servizio. Credo che oggi in qualsiasi tipo di lavoro dipendente manchi la solidarietà collettiva e tanto altro, ma il call center lo conosci se lo vivi, raccontarlo non basta, ed io come molti altri ce la siamo date a gambe, il film di Virzì è una bella storia al cioccolato, anche se esprime delle verità, certo il caso di cui parli non è un fatto unico, possiamo leggervi questa mentalità dell’io speriamo che me la cavo, l’analisi poi delle ragioni del dilagare di una tale mentalità sono complesse, ma il call center è una anomalia, non un lavoro e come tale andrebbe trattato. Non mi stupisce il caso di cui parli.