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Finis Europae

Heinkel sorvolano il Partenone , primavera 1941

L’inconsistenza politica dell’Europa non potrebbe essere illustrata meglio che dalle immagini che giungono ad Atene. Gli “aiuti” peraltro tardivi per colpevole incertezza o forse  volutamente rimandati per imporre condizioni draconiane, si scontrano con sacrifici imposti alle popolazioni senza alcuna mediazione, comprensione, prospettiva. E dimenticando che se esistono storture e anacronismi, le peggiori sono proprio quelle dovute al potere finanziario che è stato  suggeritore e attuatore dell’attuale disastro.

Né sento citare la circostanza che la Grecia è l’unico  Paese al mondo che ci supera come grado di corruzione e di evasione fiscale, come se si trattasse di una questione secondaria, come se i sacrifici dovessero essere affrontati solo dai ceti più poveri come punizione per il tentativo di voler migliorare la propria condizione.

Le richieste europee, dopo che la maggioranza conservatrice di Bruxelles aveva benevolmente chiuso un occhio su falsi in bilancio del governo di destra greco, non si distinguono da quelle del famigerato Fmi, colpevole di numerose crisi in giro per il mondo. Anzi sono molto, ma molto peggio perché provengono da un’unione continentale che ha  un parlamento e persino un presidente, anche se si tratta di un pescatore frisone rintracciabile solo accanto ai banchi di aringhe.

Forse Angela Merkel si è accorta del grave errore commesso ritardando fino all’ultimo i finanziamenti alla Grecia. Ma di certo non si è svegliata dalla illusione in cui vive lei e il sistema economico tedesco che l’Euro sia una specie di marco esteso il cui governo può essere delegato alle tecniche bancarie e finanziarie.

Del resto, al contrario di quanto appaia, la Merkel, disgraziatamente alla guida dell’economia continentale di gran lunga più forte, è la persona meno indicata ad avere un’idea di Europa: la sua storia la pone tutta all’interno della divisione dei blocchi, incapace di una visione continentale. Dopo aver fatto una notevole carriera nel regime di Ulbricht, si è buttata tutta ad Occidente. E spesso l’Occidente estremo dei Bush. Nulla del sogno europeo che è stato anche del suo maestro Kohl, le appartiene.

E dunque nemmeno l’idea, peraltro ovvia, che la moneta non crea politica, ma il contrario. Con il rischio sempre più evidente di avere una pessima politica e una pessima moneta: l’incubo nel quale l’Europa si dissolverà.

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