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Dio, papi e famiglia

E’ un Parlamento di nominati, si dice. Ma è molto peggio di così: in gran parte è un Parlamento di comprati. Lo si è visto oggi quando 77 grandi elettori, colonnelli e caporali di giornata di Fini, gli hanno dato l’altolà su una possibile fuga dal Pdl e anzi ribadito la loro ansia di riconoscersi nelle truppe al servizio del padrone.

Con le frasi di rito che suonano ancora più grottesche e false perché in effetti riferite a un non partito: “costante, libero, proficuo confronto di idee”, “massima democrazia interna”. Alla faccia. Tra i firmatari compaiono gli squadristi La Russa e Gasparri, sicuri che il loro intimo teppismo, la loro nullità umana, i loro vizi segreti, siano assai più garantiti da Berlusconi.

Ma anche il povero e confuso Matteoli, ras toscano ormai fisicamente simile a una fiorentina, il sindaco Alemanno che dai gagliardetti è passato alle banderuole e persino la scialba, inutile Giorgia Meloni, chiamata simpaticamente zoccola da Silvio durante un qualche rito encomiastico. Dio che emozione.

E già un miracolo che una cinquantina di persone non si siano svendute. Forse è anche una novità di politica e di costume.

Come si supponeva a questi 77 delle idee o anche dell’appartenenza , della “storia” e della politica  non gliene importa un belino, pulirebbero i sandali di Bossi pur di conservare le loro cadreghe e i loro affarucci. Senza quelli sarebbero dei nessuno. Non è che l’on davanti ai nomi cambi molto, solo devianze ortografiche oncapaci, onutili, onadatti, ontuosi, qualcuno anche ondecente, ma se non possono essere qualcuno, almeno possono essere di qualcuno.

E sono soddisfazioni.

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