Sergio Cicala e Philomene Kabouré, i due ostaggi italiani rapiti da Al Qaida nel Maghreb il 18 dicembre scorso, sono stati liberati .


MariaVerdi per il Simplicissimus

C’era una volta un avventuriero siciliano a cui piaceva molto viaggiare in Africa e commerciare non si sa che cosa in Africa. Gli piacevano molto anche le ragazze, bionde e nordiche o brune e africane. Era un uomo che parlava molto e si arrabbiava molto. Forse era questa sua aria da uomo sicuro, che sa il fatto suo che affascinava giovani donne di Paesi diversi che lo seguivano ovunque.

Come successe a una giovane nordica in un viaggio avventuroso e disgraziato con lui.  Meticoloso, organizzava tutto ,ma sempre fino a un certo punto: qualcosa gli sfuggiva sempre. Ma aveva sempre molta fortuna.  Parlava un italiano faticoso e affaticato, che andava in salita su assolati viottoli dell’entroterra siciliano costellati di fichi d’India e orizzonti salmastri. Cercava costruzioni linguistiche raffinate che crollavano miseramente sotto l’uso spropositato di un congiuntivo o di un pronome. Come dire che l’eleganza uno non se la può dare, parafrasando la celebre osservazione manzoniana.

Questo uomo aveva anche una figlia che lo amava immensamente. Era molto emotiva e pronta a spiegare qualsiasi comportamento avventato o sconsiderato del padre. Lavorava in un centro per stranieri in Sicilia, forse a Carini. La passione per chi vive al di là dell’isola li accomunava. Si sa, l’isola è un porto per definizione. E’ un luogo di passaggio e di accoglienza allo stesso tempo. E’ un luogo di mescolanze e di sguardi che vanno lontano e vengono da lontano. E’ un luogo in cui il mondo si ritrova, in cui si può incontrare il mondo. E’ un luogo di radici profondissime e di voglia di andare via ancora più forte. Di fronte all’isola c’è un Continente: l’Africa. A un balzo, a una nuotata quasi si è già sull’altra sponda: come resistere? Basta arrivare di là e poi si può andare a sud, a sud e ancora a est e a ovest e a sud e ancora più a sud.

Così, un giorno durante un’incursione in territorio africano incontrò una grande madre del Burkina Faso e la prese con sé. Questa grande madre era molto colta, parlava un ottimo francese e aveva un portamento da regina: forse lo era. Lui parlava un pessimo francese e, in quanto al portamento, non era Tommasi di Lampedusa e nemmeno Pirandello ma nemmeno Sciascia. Di regale niente ma di esaltante molto: il viaggio in land rover, la Sicilia, un’altra cultura, un’altra vita…  Lei aveva un figlio che lasciò lì in Africa alle cure della nonna per andare con questo nuovo cavaliere del deserto siciliano.

Gli anni passarono, lei si annoiava in Sicilia e pensava al suo bambino al di là del mare. Alla fin fine era più importante il figlio. Quell’uomo che aveva seguito attratta dalla novità un po’ alla volta mostrava le sue crepe, la tappezzeria unta e logora del carattere e aveva bisogno di una revisione. Lui lo capiva e così decise di farle rivedere per Natale il figlio dopo anni di assenza. Di nuovo il viaggio avventuroso in auto, passando per territori, Stati, deserti che nel frattempo erano diventati luoghi di agguati e di ricatti: non erano più territori “liberi”, fantastici, in cui tutti ti aiutano e si può ammirare estasiati il famoso tramonto africano dove tutto a un tratto il sole scompare. Bisognava stare sempre all’erta. Ovviamente lui aveva pensato a tutto, a tutte le insidie, si era informato minuziosamente. Lei, ovviamente, si fidava.

L’organizzatore era lui, lei sorrideva e seguiva. E così, a un confine invisibile sulla sabbia tra uno Stato e un altro arrivò l’agguato e il sequestro. E’ durato quattro mesi. Nel frattempo lui doveva essere ucciso, lei nelle foto che i sequestratori inviavano aveva sempre il volto oscurato da una nube che fungeva da velo rispettoso della sua sembianza che non doveva finire in pasto agli occhi di chicchessia. Il suo abbigliamento però s’imponeva nelle foto: sempre accurato, colorato, africano. Lui invece era sempre più vecchio, più sciatto, con orribili camicie scozzesi.

Poi è arrivata la liberazione e anche l’immagine di lei si è liberata e librata: una bella grande africana dal sorriso largo e riservato in abito rosa e copricapo rosa, tutto abbigliamento africano. Il portamento regale e maestoso, i gesti gentili. Sembrava partecipasse a una sfilata di moda tradizionale africana. Lui goffamente cercava di spiegare in francese. Lei in un francese fluido ha ringraziato.