C’è una nuova illusione che si affaccia sulla storia italiana: quella delle riforme. Poco importa che sotto la magica etichetta si nasconda lo scambio bottegaio tra  le ambizioni di Berlusconi e quelle della Lega, che ogni giorno s’intuisca la fatuità con cui una maggioranza inadeguata e cialtrona affronta il problema. Importa poco perché da tutte le parti, Colle e opposizione compresa,  si ritiene che ormai il Paese non possa fare a meno di una stagione di mutamenti.

Ed è verissimo, ma ciò che viene proposto, valutato, agitato come un totem, federalismo, nuovo Senato e per compensazione maggiori poteri centrali, è soltanto l’ennesimo tentativo di affidarsi a meccanismi istituzionali, nella speranza che essi automaticamente sortiscano un effetto benefico.

E’ la stessa favola che ci siamo raccontati vent’anni fa quando si pensò che nuove architetture elettorali e il bipartitismo potessero di per sé riportare la politica su una strada diversa. E invece l’hanno portata su un binario morto, in un pantano tra rospi, zanzare e cavalieri d’Italia.

Si fa luccicare uno specchietto di efficienza e di democrazia più partecipata attraverso elezioni dirette del capo dello stato o del premier, quando in realtà si lavora proprio per sottrarre partecipazione ed avere un assetto più autoritario dello Stato, preso pari pari dalla P2.

Si scartabellano i sistemi altrui, francese, tedesco, americano per far uscire dall’urna il numero giusto, pensando di poter fare improbabili e demenziali collage o per pensare magari a qualche “porcata” elettorale che possa essere elegantemente citata in qualche altra lingua, sauerei o cochonnerie, fate vobis. Insomma una cosa è chiara: che le idee sono poche e confuse, se non una, quella che riguarda il prostatico premier. Eppure c’è chi non si accorge o fa finta che tutto questo “moderno” fasullo non è altro che una forma particolare di trasformismo.

I problemi che ha il Paese non hanno proprio niente a che vedere con questo demenziale bricolage costituzionale, anzi derivano proprio da una lunga assenza di politica vera. Sono i problemi del lavoro, delle pensioni, della criminalità organizzata, del fisco, del Mezzogiorno, dell’impressionante calo demografico e dell’immigrazione. Se non vengono risolti o se vengono affrontati scassando il patto sociale, non faremo che arretrare sotto ogni punto di vista fino al punto di non ritorno che peraltro si avvicina  a grandi passi. Perché è vero che il presidente Usa viene eletto in una particolare tornata elettorale (non direttamente come sembrano credere i politici di giro della destra), ma questo accade anche in Bolivia, in Afghanistan, in Uganda e in Kirghizistan, senza che questi Paesi sembrino trarne particolare beneficio.

Quella che ci attende è una nuova stagione gattopardesca dove si cambierà molto per evitare di cambiare davvero qualcosa.  Per essere moderni a buon mercato e nel contempo rimanere italiani.