Lo scandalo, il disagio, l’imbarazzo in cui si trova la chiesa cattolica sono venuti fuori alla messa di Pasqua, quando il cardinal Sodano, decano del collegio dei Cardinali, ha rotto la ritualità secolare rivolgendo una sorta di augurio al Pontefice per la tempesta che sta attraversando: “Tutta la Chiesa è con lei”.
Ancora una volta né una parola per le vittime, né una per i fedeli: la gerarchia ecclesiastica si rileva del tutto autoreferente, chiusa in se stessa, attenta semplicemente a non mettere in crisi i proprio equilibri interni o a non far trapelare la crisi.
Se proprio si voleva rivoluzionare il protocollo sarebbero state più utili altre parole, magari rivolte alla gente che assisteva al rito attraverso un messaggio comprensibile anche linguisticamente ai più, invece di questo sussurro in codice tra gerarchie. Che cardinali, vescovi, sacerdoti siano tutti uniti col Papa o è scontato e suona dunque come una reiterazione colma di albagia, oppure è solo un prevenire, un coprire i dissensi.
Il tutto è perfettamente nel solco di questo pontificato che sembra fare di se stesso, dell’influsso sulla società e della chiesa come gruppo di potere, l’unico reale oggetto di culto. La sola cosa di cui sembra preoccupato il Vaticano è che la vastità delle ombre che si sono allungate negli angoli bui della vita ecclesiastica, finiscano per indurre a radicali cambiamenti. Che non si vogliono proprio perché la visione è proprio quello di una casta sacerdotale chiusa alla società. Anche a costo di una castità più proclamata che alla fine praticata.
Anche a costo di perpetuare un’ossessione sessuofobica che pervade la dottrina e la banalizza, la rende sterile. E talvolta grottesca. Di questo posso portare alcune testimonianze personali, la più semplice, ma forse più esplicativa di tutte è la conferenza stampa che l’arcivescovo di Bologna tenne ai tempi di mani pulite per protestare contro le minigonne in Chiesa. Le ruberie, la corruzione della società, erano frutto secondo il buon pastore di demagogia. Il vero problema era quello delle gonne sopra il ginocchio.
E non si accorgeva che era solo un suo problema.
Isarose, non ho letto l’articolo del ciellino nè nutro particolari simpatie per essi, ma ad onor del vero una precisazione la devo fare, quell’aspettare un “oltre” non significa facciamo tutto noi, ma che ad una tale ferita la giustizia umana non potrà riparare, solo la giustizia di Dio può. Ciò potrà sembrarti ridicolo fuori misura, ma così è. E comunque è già tanto se, in un contesto così schifosamente omertoso i carnefici si sottoporranno oltre che alla giustizia divina anche a quella umana. E’ orrendo…ma così è….
Purtroppo è vero, si stanno comportando in un modo autoreferenziale. Direi che c’è anche qualcosa che va oltre questo: insoburdinazione agli apparati della società civile. Se la cantano e se la suonano anche nel senso che peccano e si assolvono. Hai letto la lettera del ciellino dei ciellini su Repubblica di oggi? Terrificante. Sostiene che non c’è giustizia umana che possa riparare il danno degli abusi, quindi che le vittime dovranno aspettare un “oltre”. Come dire, facciamo da noi.
All’omelia di pasqua “Urbi ma soprattutto… orbi” il pontefice ha detto che c’è bisogno di un esodo spirituale. Mi auguro tanto che si avveri il suo desiderio e che uno tsunami stratosferico si porti all’inferno i loro… di “spiriti” unitamente ai loro “corpi”…e finalmente potremo forse vivere in uno stato laico! AMEN